C’erano una volta le Preture, istituzione napoleonica che faceva da dispensatrice di Giustizia civile, e per certi versi anche penale, nelle piccole realtà. Qui da noi, per non andare lontano, ricordiamo quelle di Badolato, Davoli, Chiaravalle, Gasperina, Squillace, Borgia… Le reggevano magistrati di carriera, ma anche avvocati come ‘giudici onorari’. Ricordiamo anche che nei paesi si trovava anche il ‘giudice conciliatore’, una persona stimata e con un certo titolo di studio non necessariamente di Legge.
E Soverato, detta anche la Perla, e che, a parte le rodomontate, era senza dubbio centro di grandi commerci e trasporti eccetera? A Soverato, niente Pretura; e dipendeva da Gasperina. Troviamo, infatti, nel nostro Archivio Storico che, già nel 1898, il Comune paga una quota per le spese del carcere, di cui a Gasperina si ha memoria almeno fino agli anni 1960 inoltrati.
Ed ecco che divampò, almeno a parole, una battaglia municipalistica, perché Soverato, nell’immediato Secondo dopoguerra, approfittò della visita di un certo onorevole Grassi, per affacciare la richiesta di trasferimento della Pretura dal monte al mare. Non appena la notizia giunse a Gasperina, ecco subito insorgere la popolazione; e leggiamo – ringrazio il sindaco Gregorio Gallello che mi ha subito fornito ampia documentazione – una vibrante lettera del 26 aprile 1949, con la quale si rivendica il diritto di Gasperina, tacciando Soverato di “borgata”. La missiva è di carattere politico, indirizzata a un “onorevole”, evidentemente dello stesso partito del sindaco, la Democrazia Cristiana.
Si rivolge direttamente a De Gasperi, e alla Segreteria di Stato di S. Santità, il parroco arciprete don Nicola Paparo, segnalando, senza mezzi termini, che in caso di perdita della Pretura, la popolazione, avrebbe in massa abbandonato la DC per votare “partiti estremi”; si riferisce forse al temuto comunismo, ma, come troviamo in altro documento, forse di più al Movimento Sociale, che aveva ottenuto successo alle elezioni dell’aprile 1948. Ecco un esempio di quei tempi, in cui la politica era ancora sanamente faziosa!
Come finirà, la lite? Che la Pretura di Gasperina venne soppressa, con altre 85 in tutta Italia, il 31 gennaio 1963. Seguirono proteste, e l’adesione di Gasperina a un comitato di Comuni colpiti dallo stesso provvedimento; ma invano.
Non se ne giovò ugualmente Soverato, che passò sotto Chiaravalle, la cui sede diverrà poi persino sezione del Tribunale; sezione a sua volta soppressa una decina di anni fa. Vero che per qualche breve tempo ci fu, presso il Municipio soveratese, una sezione staccata, ma con evidente scarsa fortuna.
Le Preture, del resto, vennero soppresse tutte nel 1998, anche quelle le cui sedi nel frattempo erano state costruite! Al loro posto, i ‘giudici di pace’.
Tra i litiganti, nel nostro caso Gasperina e Soverato, poi Soverato e Chiaravalle, prevalse dunque il risparmio. Secondo me, le Preture erano utili, e bisognerebbe farci un pensierino.
Le carceri… ce n’erano dovunque. Ogni stazione dei Carabinieri aveva una “camera di sicurezza”. Le Preture erano dotate di strutture di detenzione, chiamate comunemente carceri, e alloggiate ove possibile, spesso in fitto da privati. Una curiosità dialettale. A Cardinale, mio paese d’origine, quando uno veniva arrestato, si diceva “u calaru”, cioè lo hanno portato giù, ovvero a Chiaravalle, dove il Regio Giudice c’era almeno dal XVIII secolo, con i gendarmi (“gente d’armi”).
A proposito: la costruzione del carcere di Chiaravalle rimane tuttora uno scandalo a cielo aperto su cui nessuno indagò… nemmeno il Tribunale posto a duecento metri; del resto, come sappiamo, soppresso a sua volta. Soldi pubblici al vento e muri senza speranza!
Ancora a proposito di carceri, nei documenti di Gasperina troviamo un particolare interessante: il 31 gennaio 1944, il commissario prefettizio Giuseppe Rossi (viene ancora chiamato, evidentemente per mancanza di stampati nuovi e antifascisti, podestà), applica la legge 1405 del 1941 (XIX EF, ma ciò viene prudentemente omesso!!!) che imponeva la nomina di una donna per la perquisizione corporale delle detenute: una lodevole misura di civiltà. Si fa un nome, e si propone un compenso di lire 100.
Ulderico Nisticò