Negli anni eroici e fugaci del mio Sessantotto, io proclamavo l’uscita dalla NATO; oggi, con tutti i capelli bianchi, forse è la NATO che uscirà da noi, per ovvi motivi: se gli Stati “minori” della NATO dovranno armarsi, e a tale fine spendere soldi, allora non saranno più solo al traino degli USA, e potranno, anzi dovranno dire la loro. Si dovrà armare, l’Italia? Raccontiamo un poco di storia.
Nel 1947 l’Italia di de Gasperi firmò, senza discutere manco il colore della penna, il trattato di pace, e lo firmò, leggetelo, in qualità di “Nazione sconfitta”, perdendo tutte le colonie e Zara, Fiume, Istria, Trieste, Venezia Giulia; e persino Briga e Tenda a favore della molto peggio sconfitta Francia.
Le limitazioni degli armamenti mettevano l’Italia in ginocchio. Fino agli anni 1980, l’Italia vantava, al massimo della potenza navale, un incrociatore del 1938. Le truppe di terra… beh, chi ha fatto il militare negli anni 1970-80 sa per prova che erano (voglio essere buono) poco, pochissimo marziali.
Oggi l’Italia ha in mare due potenti portaerei, e molte altre navi militari; in cielo una forte aviazione; in terra, truppe di ottimo livello, e che sono state e sono in Afghanistan, Iraq, Kossovo, Libano, Montenegro, Serbia, Somalia, Timor Est, eccetera; e alcune di queste spedizioni non sono NATO. Ora ci poniamo due domande.
La prima è che tutto ciò ha un costo, e costa da molti decenni prima che Trump chiedesse l’aumento delle spese militari, anzi prima che facesse il politico. Vero, costa: però genera il lavoro e la ricerca tecnologia di molte qualificatissime aziende italiane, che a loro volta vendono all’estero, e anche agli USA. Vero, però la presenza militare è importantissimo veicolo di politica estera e anche commerciale. Gli assenti hanno sempre torto, sia in guerra sia in pace.
L’altra è che “l’Italia ripudia la guerra”, ci ripetono spessissimo, e dimostrano così di non aver mai letto (non solo in questo caso!) la carta del 1948. L’articolo 11, infatti, così recita: “L’Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali; consente, in condizioni di parità con gli altri Stati, alle limitazioni di sovranità necessarie ad un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia fra le Nazioni; promuove e favorisce le organizzazioni internazionali rivolte a tale scopo”.
Sono ben 58 parole, che, alle spicce, rifiutano la guerra d’attacco ma non le spedizioni più o meno presentate come di pace e giustizia. E spunta poi l’art. 52, il quale afferma che “La difesa della Patria è sacro dovere del cittadino”.
Nel dubbio, c’è anche l’art. 87, che così recita circa il presidente della repubblica “Ha il comando delle Forze armate, presiede il Consiglio supremo di difesa costituito secondo la legge, dichiara lo stato di guerra deliberato dalle Camere”. LO STATO DI GUERRA: mi pare chiaro! Insomma, l’Italia ripudia la guerra… fino alla curva.
Fate i bravi, ragazzini, e prima di parlare di costituzione, leggetela interamente. Così magari vi ricordate del bombardamento della Serbia, presidente del Consiglio D’Alema, e peccato che per l’età senile io non mi ricordi tutti i nomi dei ministri del 1999.
Ulderico Nisticò