La Terra Madre a Torre Ruggero


torre3La Giornata del creato è stata degnamente celebrata a Torre Ruggero dal Santuario, dal Comitato Trasversale, da Slow Food, con una buona partecipazione di pubblico, sensibile al tema. La festa è stata anche occasione per la mostra e l’assaggio di prodotti tipici, e quindi per attirare l’attenzione sull’economia locale, come già avvenuto in altre circostanze.
Del tutto improvvisato, e con tutti i grandi pregi e qualche limite dell’improvvisazione, lo spettacolo teatrale che la concluso la serata, “Terra Madre”, di Ulderico Nisticò, con declamazioni e scene di tono e stile vari, dal solenne al comico, con qualche simpatica concessione al dialetto.
Proprio a questo proposito, Nisticò stesso ci ha rivelato i segreti del suo scrivere, con la sorpresa che, scrivendo “quand’unu s’accatta / ‘n campagna na cota / è bonu mu ‘incigna / chiantandu na vigna”, si è divertito a tradurre “nullam, Vare, sacra vite prius severis arborum” di Orazio, che a sua volta traduceva “μηδὲν ἄλλο φυτεύσῃς πρότερον δένδριον ἀμπέλω” di Alceo; e aggiunge malignamente l’autore, chissà se Alceo l’ha preso da qualcun altro più vecchio di lui.
Quanto precede per meglio comprendere una scrittura dai molti piani: ce n’è per il dotto che voglia riflettere filosoficamente, ce n’è per chi vuole solo provare l’emozione del teatro, e ce n’è per chi si svaga: e tutto nello stesso brano. “Mestiere”, conclude Nisticò, con una modestia tutt’altro che falsa.
Recitavano, in ordine di apparizione: Mariana Lancellotti (Prologo), Roberta Voci (Terra Madre), lo stesso autore nella parte di Bacco, Maria Palazzo (Arianna), Pino Vitaliano (il Filosofo), Antonio Marinaro (cumpari Agazziu), Silvia Vono (Ragazza); è nata una nuova compagnia, in parte ripresa dal grande successo di Dee stelle del 10 agosto a Davoli.
Giustamente apprezzata l’esibizione della giovanissima danzatrice Clarissa Soluri.
Il tema è la conservazione del creato. Nisticò ci ha concesso di pubblicare il prologo.

Lode alla Terra

Noi che siamo lampi del cielo,
e diamo amando nuova forma e visione all’immenso,
come le costellazioni splendenti,
sorgendo ogni notte in luogo del Sole
sempre guardiamo a te, Terra Madre,
ammirando la tua quiete e i tuoi sogni
e le ardenti fatiche del lucido giorno.
A te, Terra Madre, concesse il Creatore infinito
le acque guizzanti da levigate rocce,
e i rapidi fiumi fecondatori,
musicali di gioiose canzoni;
e il mare dai volti mutevoli,
e lunghe spiagge dal colore dell’oro.
Come voli dell’anima verso la volta del cielo
si levano le cime brune dei monti,
coronate di boschi profondi,
alti di abeti, profumati di fragole,
generosi di tronchi alle arti degli uomini;
lontane appaiono le acute vette,
o aspre di duri graniti,
o bianche lucida neve sotto i raggi dell’Astro;
e, ardue, invitano i cuori a toccarle.
Dritte si levano dai campi le distese di spighe
cariche di grano e lievi sotto il tocco del vento,
lieta fatica di contadini e di buoi;
e cantano tagliando e cogliendo,
mentre danza la calda follia dell’amore
e i giovani guardano le fanciulle dalle bianche braccia,
presto madri di prosperi figli,
come tu sei nostra madre di tutti, o Terra.
Cani fedeli possenti guidano al pascolo i greggi,
mentre suonano i pastori dalla zampogna di canna
e otre di pelle di capra.
Chiedono gli uomini ai cavalli dal quadruplice suono
o che pazientemente trascinino i carri,
o che siano compagni di morte e di guerra furente.
Nemici ci sono i lupi famelici,
divoratori di pecore,
eppure ne ammiriamo la nobile disperazione.
E noi, discendenza di Adamo,
che siamo fatti ugualmente di corpo e di anima,
noi uomini e donne, stirpe infelice e feroce,
che altro siamo noi se non lupi e pecore e cavalli e capre,
e fiumi sempre mutevoli,
e duri come monti e freschi come i boschi,
e ricchi e fecondi come le spighe,
e ardenti d’amore come la Canicola?
Sì questo noi siamo, le donne e gli uomini,
angeli rinchiusi dentro un velo di carne,
e ci fu data da te, Terra madre,
pienezza di dominio di ogni aspetto del mondo,
perché ne avessimo utilità e cura;
a noi i frutti succosi, la pesca di rugosa scorza,
e l’uva e l’ebbrezza del vino,
la molle prugna e la mela;
a noi di nutrirci di cibi e godere delle acque,
a noi ogni necessità e ogni piacere,
e farci ghirlande festive di fiori.
Ma questo tu dicesti a noi, Terra Madre,
“O stirpi dal pungolo eterno,
audaci vincitori del fato,
che vento non piega né tuono,
a voi io offro monti e campi e mari e foreste,
affinchè ne facciate vostra sede e trionfi,
rendendola ogni giorno più degna.
Ma voi, folle stirpe nel cuore,
io questo vi ammonisco e dispongo:
voi siate come figli, voi cari,
io questo comandamento a voi lascio:
voi siate della Terra sorella,
voi della madre comune
custodi come sposi d’amore”.


Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *