La verità di cronaca circa gli alberi


soverato_vista_aerea3 In una città dove uno spiega che è Quarzo e passa per Comac, è inutile scrivere, tanto non legge nessuno. Però, siccome tutti hanno da dire qualcosa sugli alberi tagliati o meno, lasciate che vi racconti come andarono le cose. Chi vuole imparare…

 Con buona pace dei pronipoti di Rousseau, è vero che Soverato Marina è una delle località più verdi della Calabria, ma la natura in tutto ciò non ha alcun merito, anzi non c’entra niente. Fosse per lei, per la natura, sarebbe la spiaggia brulla che vediamo nelle vecchie foto, senza un filo d’erba gramigna: la situazione che in dialetto si chiama “praia”. Discorso a parte gli ulivi della collina verso Soverato Superiore e qualche coltivazione lungo il Beltrame; ma lungo il mare, solo sterilissima sabbia. Il nostro verde non è minimamente “secolare”, è stato piantato dalle mani del deprecato uomo, quello così temuto dal suddetto Rousseau e seguaci, quello che, secondo loro, ha devastato il mondo e roba del genere. Ed è stato piantato nell’ambito della politica fascista di cura del territorio e rimboschimento, continuata per inerzia anche nel dopoguerra, infine degenerata con i forestali!!!

 Fosse stato per la natura, il clima di Soverato Marina sarebbe torrido come il deserto, e lo ricordano bene gli anziani: d’estate, per il gran caldo, la gente andava a dormire sulla spiaggia. Il verde, posto in opera dall’uomo e non dal caso, ha migliorato anche la vivibilità, e reso il clima meno afoso, anzi spesso mite. Gli eucaliptus furono messi a dimora per combattere le zanzare, e sono alberi provenienti dall’Australia, non dalla Magna Grecia. Fecero il loro dovere sia difendendoci dagli insetti… sia fornendo ai ragazzi degli anni 1950 i semi detti “calipsi” da usare come munizioni delle “cerebottane” di canna durante le quotidiane “guerre” tra bande territoriali. “Guerre”, si chiamavano, anche in dialetto.

 A proposito, molti furono tagliati, se mal non ricordo, durante Pedalando Volare: per sacrosante ragioni, spero, tuttavia tagliati. Non ci sono alberi di serie A e alberi retrocessi…

 E già: ciò che l’uomo pone, serve all’uomo e non ai pappataci… E già che non dimenticherò mai un articolo su Repubblica di tale Fulco Pratesi, il quale deprecava – giuro, è vero – che il regime, bonificando le Paludi Pontine e tutto il resto, aveva guastato l’ecosistema della zanzara anofele! Da TSO prolungato, camicia di forza. La natura è per l’uomo, non l’uomo per la natura.

 Veniamo alla Pineta. Era il 1958, e io frequentavo la IV elementare con l’indimenticato maestro Cianflone. Era, credo, il 21 aprile, Natale di Roma, che era anche la Festa degli alberi: istituzioni fasciste sopravvissute; poi finì la festa, e Roma sapete che fine ha fatto! Ci portarono tutti, in fila, grembiulini e classe ricamata sopra, a vedere piantare degli alberelli. Tenne un alato discorso il sindaco Antonino Calabretta, seguì il presidente dell’Azienda Turismo (altri tempi, quelli!) Carlo Curatola, concluse l’austero e temutissimo direttore didattico Pascuzzi. E tutti e tre ripeterono che quanto era sotto i nostri puerili occhi era un vivaio; e nel dubbio che a otto anni non avessimo le idee chiarissime in fatto di botanica, dissertarono sul fatto che un vivaio serve a far crescere le piantine, le quali poi devono essere trapiantate altrove: se non tutte, buona parte. Lo stesso per il vivaio della Forestale nella zona sud, mucchio di alberi costipati e soffocati.

 Tale trapianto, manco a dirlo, nei decenni seguenti non avvenne mai; e la Pineta, con il tempo, acquistò davvero l’aspetto di una cosa “naturale” di quelle che piacciono agli ecologisti: caotica e con alberi forti che si mangiano gli alberi deboli. Questi ultimi, storti e pallidi, crebbero da minorati; e me ne ricordo uno che, confidando in un minimo di sole, era come una esse maiuscola. E già, russoviani, la natura è crudele, darwiniana; quella buona sta solo nelle favole! Perciò se se ne taglia qualcuno, non muore nessuno.

 Concludiamo che il verde a Soverato c’è, e tanto, però tenuto male, e mai con un piano organico di lungo respiro; sempre e solo con interventi estemporanei e occasionali. La Pineta è anche molto sporca e zeppa di rifiuti vari.

 Serve una politica strutturale, e la dovrebbero condurre degli agronomi; e con una programmazione regolare.

 Sarebbe anche opportuno, per ottimi motivi, evitare coincidenze con altre situazioni.

Ulderico Nisticò


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