Le buone ragioni dei cattivisti


I buonisti, a forza di film e libri di testo e canzoni e marce della pace con Che Guevara, si sono convinti di essere nel giusto, anzi che il loro sentire sia l’unico al mondo, e che i pochi e ignoranti e rozzi cattivisti si debbano vergognare, e giustificare in ginocchio la loro cattiveria. E invece, storia e filosofia alla mano, noi cattivisti abbiamo buone, anzi ottime ragioni per sostenere la nostra cattiveria, e qui ve ne darò qualche esempio moderno e antico.

L’altro giorno, le due Coree si sono ulteriormente incontrate, con ogni cordialità, e ciò dopo 70 anni di ostilità sull’orlo della guerra nucleare. Merito di ciò non è del Nobel per la pace Obama, che inondò il mondo di parole di pace e massacrò la Libia assieme ad altri due mascalzoni e un Badoglio; ma il cattivissimo Trump, il quale ha fatto quello che da millenni si fa nei rapporti internazionali: un giorno la carota e un giorno il bastone; un giorno pacca sulla spalla, e un altro mandare la flotta. Spero faccia presto qualcosa del genere tra altre due bande di tagliagole, Israele e Palestinesi.

Ora saltiamo indietro di un bel po’. Siamo nel 219 a.C., e, in Spagna, Annibale attacca Sagunto. Nel senato romano si scatena un dibattito interminabile e confuso, tra interventisti e neutralisti; tra pacifisti e reazionari (poi detti catoniani) che rifiutano spedizioni lontane, e bellicisti; i giuristi, e i Romani lo sono tutti per nascita, dissertano tra il trattato di pace del 264 (Cartagine non tocchi alleati di Roma), e trattato con Amilcare (faccia quello che vuole a sud dell’Ebro), tipo quanto oggi gli immigrazionisti tirano fuori convenzioni del 1951 o s’inventano buffe arrampicate sugli specchi leggendo l’art. 10 cost., come fa Grasso. E sono discorsi, e confronti… e intanto le matrone, ufficialmente mute ma in realtà potentissime, dicono la loro, magari perché, sotto sotto, il marito o il padre commerciano con Cartagine… Mentre a Roma si blatera, Annibale prende Sagunto, e, costatato avere a che fare con chiacchieroni, pensa bene di proseguire verso l’Italia. Seguono sedici anni di una guerra sanguinosa, e che sconvolgerà il Mediterraneo; e finirà, pochi decenni dopo, con la distruzione di Cartagine seminata a sale.

Noi cattivisti ragioniamo così: se Roma avesse immediatamente mandato una squadra navale e delle truppe a sostenere Sagunto, sarebbe stata assicurata, per quanto è umano, la pace; e gli 80.000 caduti di Canne sarebbero morti, vecchi contadini, a casa loro, invece che giovanissimi sotto le frecce dei Numidi.

Ora mi aspetto il solito collega criptocrociano che se ne esca con “la storia non si fa con i se e con i ma”; e invece si fa, eccome: e posso elencarvi migliaia di guerre che sono state evitate dal Congresso di Vienna del 1814-5, da quello di Berlino del 1878, dal Convegno di Monaco del 1938… Mentre dal lontano 1921 l’ONU, con tutti i suoi sproloqui pacifisti, non ne ha impedita mai manco una.

Basta parlare di guerre. Noi cattivisti, infatti, siamo molto cattivisti e cattivi anche nella vita sociale e privata. Prendiamo che ci sia un concorso per assunzioni in una compagnia aerea. Secondo noi cattivisti, quello bravo deve essere assunto come pilota, quello così così come assistente di volo, quello di scarto come ripulitore dei bagni dell’aeroporto. Avremo così bagni igienici, aereo ordinato e volo sicuro e tranquillo. Se invece lo scarto guida l’aereo e il bravo, pur di campare, si contenta del bagno… insomma, un disastro è garantito.
E voglio vedere i buonisti, se sono disposti a volare con lo scarto ai comandi, mentre quello bravo lava i servizi.

Ma quello, poverino, lo scarto, si sentirà umiliato, emarginato, con la ramazza in mano: ecco, questa considerazione in noi cattivisti non suscita alcuna commozione; anzi, se pulisce bene, riteniamo che lo scarto abbia fatto il massimo di cui sia capace, e, nel suo piccolo, è bravino. Insomma, l’uomo giusto al posto giusto.
Noi cattivisti pensiamo anche che, quando lo scarto, potentemente raccomandato, fa carriera, ciò non solo sia ingiusto e immorale, ma, quello che conta, tutta la comunità ne riceve un danno. A proposito, noi cattivisti non siamo molto attenti ai veri o presunti diritti (o capricci) individuali, ma badiamo alla vita della comunità: salus reipublicae suprema lex.

Così capite in profondo il pensiero antidemocratico, che non è di quattro selvaggi, ma di Platone eccetera.
Per concludere, forse vi sarete accorti che anche noi cattivisti siamo colti e istruiti, anzi, se vogliamo essere precisi, molto più di tanti buonisti e temi in classe sulla pace nel mondo, ovviamente portati già fatti da casa. Ora come la mettiamo?

Ulderico Nisticò


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