Nell’assoluta ingiustificabile inerzia ed indifferenza dei rappresentanti politici ed istituzionale locali, che non hanno ritenuto di far sentire la propria voce con un documento di disapprovazione, l’emendamento del deputato Marco Meloni (PD) al Ddl di Riforma della Pubblica Amministrazione, originariamente approvato dalla Commissione Affari Costituzionali, di cui si è ampiamente riferito in precedenza su queste colonne, e che ha suscitato un coro unanime di protesta da parte di studenti e professori universitari, che avevano preannunciato il ricorso a forme serrate di mobilitazione, ha ricevuto parere negativo in Commissione Cultura della Camera ed è stato definitivamente soppresso in Commissione Affari Costituzionali.
Il sorprendente disinteresse delle forze politiche, di maggioranza ed opposizione, evidentemente impegnate in altre questioni di cui al cittadino non è dato sapere nulla, nei confronti di una normativa che avrebbe ulteriormente penalizzato la già pesante e difficile situazione dei giovani laureati calabresi, non trova alcuna plausibile giustificazione e va rimarcata anche al fine di invitare l’opinione pubblica a riflettere attentamente nel momento in cui sarà chiamata ad eleggere i propri rappresentanti.
Se l’emendamento fosse divenuto legge, nei concorsi pubblici a fare la differenza non sarebbe stato più il voto di laurea ma anche la sede dell’università che aveva rilasciato il titolo. Da ciò conseguiva che, per accedere alla selezione pubblica era necessario non solo ottenere un buon voto finale, ma ottenerlo in un’università ben valutata (da chi e come, non si spiegava). Se poi il probabile criterio di riferimento sarebbe stato individuato nelle quotazioni dell’Agenzia Nazionale di Valutazione del Sistema Universitario e della Ricerca (Anvur), la cui ultima classifica, pubblicata nel 2013, non comprende alcuna università meridionale, si sarebbe ampliato il già gravoso divario esistente tra le regioni italiane penalizzando ancora una volta il Sud,.
Non è superfluo, per avere piena contezza delle ragioni che hanno indotto l’on. Meloni a presentare il contestatissimo emendamento, riportare qui di seguito, per intero, le giustificazioni dallo stesso fornite il 3 luglio 2015, a seguito delle numerose dichiarazioni di sdegno suscitato dall’approvazione della suddetta norma:
“Con riferimento all’emendamento relativo al voto minimo di laurea quale requisito di ammissione ai concorsi pubblici, approvato dalla Commissione Affari costituzionali della Camera dei Deputati nella seduta di ieri, ritengo opportuno precisare che la mia originaria proposta emendativa prevedeva semplicemente l’abolizione del voto minimo di laurea quale filtro per la partecipazione ai concorsi pubblici. Ciò sia in ragione sia della previsione – in altri miei emendamenti approvati ieri– di meccanismi concorsuali più moderni ed efficienti, sia della effettiva disparità di valutazioni tra classi di laurea omogenee nei diversi atenei. Il filtro selettivo verrebbe così lasciato interamente ai concorsi pubblici.
Successivamente, nell’ambito di una riformulazione dell’emendamento presentata dal relatore del provvedimento d’intesa col governo, si è introdotto un criterio di delega rivolto a valutare il voto minimo di laurea in relazione a due parametri, da precisare comunque in sede di decretazione delegata: uno, forse eccessivamente ampio e tale da definire una differenziazione tra atenei,relativo a “fattori inerenti all’istituzione”, e un altro, certamente più chiaro e condivisibile, relativo al voto medio di laurea di “classi omogenee di studenti”. Credo sia opportuno, a questo punto, un supplemento di riflessione: se il governo e la maggioranza intendono mantenere questa impostazione, è necessario definire con maggiore dettaglio il criterio di delega e le intenzioni del governo sulla sua specificazione nel successivo decreto. In alternativa, ritengo che tornare alla mia proposta originaria possa consentire di raggiungere ugualmente un risultato positivo: del resto i meccanismi di gestione dei concorsi individuati da altri emendamenti approvati ieri consentono ampiamente di realizzare in quella sede gli adeguati filtri selettivi.”
Premesso che non riesce agevole decifrare compiutamente il pensiero del deputato, al termine della lettura è necessario chiedersi se nella formazione delle leggi viene impiegato l’identica metodologia, pervasa di superficialità e poggiata su argomentazioni non pienamente condivise dallo stesso proponente.
Avv. Giuseppe Costarella