Le Giare e i fossi


tansi Giusto, ogni anno, commemorare le Giare; e oggi partecipava alla cerimonia Carlo Tansi, dirigente regionale della Protezione civile. Gli ho detto, a cerimonia finita, quanto vado ripetendo da quel lontano 2000:

  • Inutile arrampicarsi sugli specchi: non fu esondazione ma salto; e quindi l’acqua trovò qualche poderoso ostacolo, o non avrebbe accumulato tanta energia;
  • Tale ostacolo altro non poté essere che un grosso mucchio di sporcizia, di qualsiasi genere sia stata;
  • Era quello il terzo giorno di pioggia violentissima: ebbene, nessuno aveva pensato di fare la cosa più ovvia e banale, evacuare il campeggio: se ciò fosse stato fatto, l’acqua avrebbe distrutto delle brutte capanne, e non tante vite umane;
  • Non so, e non m’importa, se nella mancata evacuazione intercorsero responsabilità penali: certo ce ne furono di pesantissime, dico responsabilità morali; e mancò il buon senso;
  • Ciò, ovvio in ogni caso, doveva essere ancora più ovvio in presenza di persone del tutto prive di ogni autonomia fisica.

 Lo ripeto da allora, l’ho ripetuto a Tansi.

 Intervenuti, alcuni dei partecipanti hanno proposto allo stesso Tansi un immediato sopralluogo. Ho saputo, e visto foto in internet, che l’ispezione ha dato risultati desolanti. L’ispezione del 2016, non quella del 2000!

 E allora, riflettiamo.

 Dovrebbe essere evidente a tutti che se i fossi e torrenti eccetera vengono puliti, l’acqua scorre; e se anche è sovrabbondante ed esonda, lo fa con energia attenuata. Se i detriti fanno tappo, l’acqua acquista potenza devastante. Banale, non dovrebbe essere un professore di lettere in pensione a spiegarvelo.

 Quando si deve provvedere alla pulizia? D’estate, prima delle piogge.

 Chi deve provvedere? Regione, Province, Comuni eccetera.

 Con quali forze? Con i mitici operai idraulico-forestali, che sono già pagati, quindi non comportano altre spese.

 Perché non si fa? Già, perché non si fa? A questo punto, le ipotesi sono due:

  1. Solita incapacità e inettitudine e pigrizia e ignoranza di Comuni, Province e soprattutto Regione;
  2. Oppure che la manutenzione ordinaria, proprio perché non richiede spese, non fa guadagnare nessuno; mentre l’emergenza sì, eccome.

 Nonostante la mia passione per l’ipotesi 1, generica ma validissima; questa volta propendo per la 2.

 Le disgrazie fanno guadagnare soldi e titoli sui giornali; la normalità no. E invece è proprio la normalità che ci vuole: pulire d’estate, e perciò poter aspettare l’inverno con serenità.

 È chiaro? Sciacalli e quanti altri aspettano il disastro per camparci sopra, si cerchino un altro mestiere.

Ulderico Nisticò


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