Li facciamo tornare?


 Se la risposta la dovessero dare i sentimenti, sarebbe sì e subito. Tutti conosciamo qualche calabrese che si trova al Nord per studio o lavoro e altri casi, e di alcuni sappiamo, anche con nome, che stanno affrontando seri problemi. Uno studente che ha finito i soldi, e non paga l’affitto, e da casa non gliele possono mandare: ecco una fattispecie ben nota, e tutt’altro che immaginaria. Se torna al paese e a casa sua, in qualche modo ha un riparo, del cibo, dell’assistenza. Perciò, d’istinto, dico che devono tornare.

 Ma è ormai acclarato che il virus arrivò in Calabria proprio con l’ondata caotica di rientro, e piuttosto fuga, quando si cominciò a parlare di chiusura della Lombardia e territori contermini. Abbiamo visto gli assalti ai treni e agli autobus; ed è facile pensare che, appena arrivati in Calabria, non tutti abbiano rispettato la quarantena… e qualcuno ha ritenuto suo dovere fare visita ai parenti… E i parenti non sempre stavano a casa loro in paese… E mi fermo qui con le illazioni, che tanto vi verranno a mente da sole.

 E sappiamo che il Nord ha ancora un fortissimo numero di contagi.

 Sotto quest’altro aspetto, la dura posizione della presidente Santelli è ampiamente giustificata. La Calabria ha combattuto bene il contagio, e proprio con l’unico modo possibile: l’isolamento. Senza i tristi casi delle RSA, il numero dei contagiati e dei morti sarebbe, statisticamente, quasi irrilevante.

 Ebbene, che fare dei nostri conterranei costretti fuori Calabria? È opportuno aiutarli, ma è indispensabile evitare altre occasioni di caotico ingresso di massa del virus da fuori i limiti regionali.

 La soluzione, se c’è, non è di carattere universale e ugualitario, ma solo caso per caso. E i casi non sono affatto tutti uguali, ma molto diversi uno dall’altro. Perciò ogni singola persona interessata deve produrre domanda e credibile documentazione.

 No dunque a un generale rientro; ma neppure assoluta chiusura, ma buon senso. Occorrerebbe un’organizzazione efficiente, con disciplina ferrea: un ufficio responsabile (se fossi pacchiano, direi task force con road map!!!), che prenda velocemente in esame ogni singola posizione, sia sul piano sanitario sia su quello economico-sociale; decida se sì o no; e se sì, come deve avvenire il rientro, con mezzi e orari ben precisi; e, se avviene, deve avvenire con quarantena obbligatoria, e senza la minima eccezione.

 Corollario importantissimo: chi produce istanza di rientro, deve allegare una dichiarazione di rinuncia a ogni ulteriore procedimento. Mi spiego meglio: se la faccenda finisce in mano a un TAR, alla Corte Costituzionale o alla Corte dei diritti e degli storti, finisce a Tana liberi tutti; e arrivano valanghe di coronavirus.

Ulderico Nisticò