L’Italia, l’inefficienza e gli eroi


 Si ripete spesso un aforisma di Brecht, “Beati quei popoli che non hanno bisogno di eroi”; un concetto ignobile e da respingere senza battere ciglio, essendo manifestazione di una concezione della vita insopportabilmente piatta e noiosa, e da piccole e piccolissime anime.
 La premessa è necessaria per affermare la necessità e utilità, per i popoli, degli eroi come modello di concezione della vita e del mondo. I quali eroi non sono miti benefattori, sono persone di eccezionale tempra, coraggio, iniziativa. Per capirci, gli eroi sono quelli che scatenarono la più famosa guerra della storia non per altro che per gli occhi ammalianti di una donna di poco raccomandabili costumi! E tutta la poesia mondiale deriva da quel fatto; la poesia che è fatta per il 49% di guerra e per il 49% di amori sbagliati; l’altro 2% è la “Vispa Teresa”, ma in privato vi recito le due versioni goliardiche, e non resta manco quella! Gli eroi compaiono nei momenti apocalittici, tragici, e perciò desiderano tali tragici ed eccezionali momenti.

 Ma l’Italia, da quando è caduto l’Impero Romano, sta davvero esagerando con le eccezioni e gli eroi, mentre mostra una desolante carenza di efficienza e normalità. I Romani, infatti, non avevano eroi e non ne volevano nemmeno sentire parlare, tanto che non esiste in latino una parola che traduca il greco “heros”, ma solo “vir” (“arma virumque cano”), che significa uomo, maschio, cittadino, soldato, ma ordinario e normale: Cincinnato, un agricoltore che, nei ritagli di tempo, fa il dittatore, vince la guerra e torna d’urgenza ad arare. Quando Catone raccontò la storia, non disse mai né Scipione né Annibale, ma, da gran reazionario, “dux Romanorum” e “dux Carthaginiensium”. Calma: non è mica “democrazia”, è il contrario, è l’impersonalità attiva e parità aristocratica da “Tavola rotonda”. Però, a Roma, niente eroi.

 In tutti gli altri secoli dopo il 476, l’Italia è andata avanti a Giovanni delle Bande Nere, Garibaldi, Arditi, la Folgore… e i Vigili del fuoco che salvano le persone con le mani… Tutte cose belle da raccontare, da poema epico, da monumenti, ma, se analizzate, evidente prova dell’italica arte dell’arrangiarsi nel mezzo del solito disastro organizzativo e mancanza di banale funzionamento delle coe. Giovanni aveva, grosso modo, battuto i lanzichenecchi con la sua sola compagnia, prima di essere ferito e subire un’eroica amputazione fatta dal medico con i piedi, o a tradimento: bello, epico, no? ma pochissimi sanno che a qualche miglio c’era un intero e armatissimo esercito “italiano” che rimase a dormire. Garibaldi al Volturno stava per essere battuto persino dai paciosi soldati napoletani, se non fosse intervenuto personalmente a inventarsi qualcosa lui in prima linea, il generale, al posto degli inefficienti e improvvisati ufficiali. I parà della Folgore… quali eroi mai più valorosi di loro? Già: ma che ci faceva una divisione di paracadutisti a piedi in mezzo al deserto? Ecco la storia d’Italia: inefficienza ed eroi. Ah, dimenticavo una flotta di 700 potentissime e modernissime navi da guerra… e per affondare due corazzate inglesi ci vollero degli avventurieri con i “maiali” portati a destinazione da un capitano di ventura dall’avvenire golpista.

 Forse se non fosse così, l’Italia, non avremmo avuto Dante e Michelangelo; e tanto meno un Tommaso Campanella. Giusto: ma cosa c’entrano l’arte e la poesia e la filosofia con una turbina non utilizzata per qualche trappola di burocrazia o semplicemente per stupidità? E con migliaia di case ancora senza corrente elettrica. E con le casette assegnate ai terremotati cinque mesi dopo il terremoto? E con un albergo la cui sorti giudiziarie vennero decise da cavilli giuridici, e non sapremo mai se era abusivo o mezzo abusivo o legale; vi ricorda le Giare, vero? E con un messaggio ignorato da una funzionaria che non ebbe nella sua tonta mente di burocrate l’idea di una telefonata di riscontro?

 La vicenda del terremoto del 2016, e non finito, mostra un’Italia che ha sempre bisogno di eroi, e molto spesso ne trova, e supplisce con l’ingegno e la fantasia e il fegato a quelle carenze che abbiamo sotto gli occhi. Non abbiamo mai niente di pronto e predisposto, nemmeno i più banali piani di evacuazione e, genericamente, di risposta a un disastro.

 Quando succede qualcosa, facciamo appello alla fantasia. Chi si ricorda Vermicino? Un bambino cadde dentro un pozzo naturale; e mentre l’allora presidente della Repubblica, Pertini, stava, pipa in bocca, sulla bocca del dirupo – unica inutile autorità! – si cercò, non scherzo, una persona sufficientemente magra per potersi infilare tra le rocce. Il bambino morì.

 Gli eroi servono, eccome: ma non nelle circostanze quotidiane, in cui invece servirebbe solo una normale efficienza.

Ulderico Nisticò


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