Orlando Merenda non ha lasciato biglietti ma piccoli indizi dietro di sé sui motivi che l’hanno portato a decidere di togliersi la vita, domenica 20 giugno, sotto un treno a pochi metri da casa, a soli 18 anni. Confidenze, rilasciate agli amici e a una docente, su cui si concentra ora l’indagine della procura. Sono state escluse le ipotesi di bullismo e omofobia che erano state subito prese in considerazione per comprendere cosa fosse successo e “dare giustizia” alla sua morte, come chiesto dalla madre che lo aspettava in Calabria per l’estate.
Sensibile e fragile, Orlando con la maggior età compiuta da un mese, aveva scelto di fare un passo importante nell’affermare la sua omosessualità, ma, secondo alcuni amici, non avrebbe ricevuto comprensione da parte di tutti. Soprattutto, aveva paura di qualcuno e sarebbe finito in una situazione più grande di lui da cui voleva fuggire. Incontri con adulti che potrebbero aver approfittato di lui quando era ancora minorenne.
Dalle chat e dal telefono potrebbero emergere ulteriori elementi per chiarire l’ipotesi di “istigazione al suicidio”. Aveva trascorso il suo ultimo giorno di stage in un bar in centro a Torino, trincerato nel silenzio assoluto. “Piangeva spesso e aveva attacchi d’ansia”, racconta una collega. A scuola avrebbe dovuto affrontare gli esami finali. “Era un ragazzo splendido, siamo tutti sconvolti”, raccontano dalla Engim San Luca dove, all’entrata, è stata appesa una catena di cuori e foto del ragazzo con i suoi compagni.
Un velo di domande resta su cosa l’abbia spinto a togliersi la vita: omofobia e bullismo sono state le prime ipotesi prese in considerazione. Ma l’indagine della pm Antonella Barbera sembra aver preso con decisione un’altra pista. Dove compare l’ipotesi di un ricatto. Se “a sfondo sessuale” per ora nessuno si sbilancia. (repubblica.it)