Il personale della DIA di Catanzaro, ha eseguito questa mattina cinque misure cautelari nei confronti di altrettanti indagati, sulla base della ritenuta sussistenza di gravi indizi in ordine al concorso nell’omicidio di Massimo Speranza, alias “il Brasiliano”, commesso a settembre del 2001.
Le misure cautelari scaturiscono da approfondimenti investigativi incentrati sulle analisi e sui riscontri di dichiarazioni rese da alcuni collaboratori di giustizia che hanno consentito di ricostruire le diverse fasi dell’omicidio di Speranza e delineare, a livello indiziario e cautelare i ruoli rivestiti dai presunti responsabili, ritenuti, a livello indiziario, mandanti ed esecutori dell’omicidio, commesso con le modalità del caso di lupara bianca, nonché la dinamica e la causale dell’omicidio.
Massimo Speranza, classe 1980, scomparve l’11 settembre del 2001, senza lasciare alcuna traccia. Gli investigatori hanno ricostruito il movente, maturato nel contesto mafioso riconducibile alla cosiddetta cosca degli Zingari di Cosenza con l’avallo dell’articolazione ‘ndranghetistica degli Zingari di Cassano, in quanto la vittima, pur abitando in via Popilia a Cosenza, zona caratterizzata da una forte presenza rom, era ritenuta vicina al clan contrapposto degli “italiani” e sospettato di aver divulgato informazioni riservate riguardanti il gruppo Rom.
Si tratta di vicenda maturata nel periodo in cui, nella città dei bruzi, vi era una forte contrapposizione tra il clan dei rom e quello degli italiani, della quale costituiva episodio emblematico la cosiddeta “strage di via Popilia”, avvenuta l’11 novembre 2000. In tale fase di forte fibrillazione, il giovanissimo Speranza sospettato di delazioni, sarebbe stato attratto in una trappola, ordinata ai suoi danni, dai presunti responsabili dell’omicidio che lo conducevano da Cosenza nella zona di Cassano allo Ionio, con il pretesto di fargli “testare” una partita di stupefacente di particolare qualità.
In particolare, partiti da Cosenza, dopo una breve sosta a Lauropoli, Massimo Speranza sarebbe stato condotto ad Apollinara e, da qui, a San Demetrio Corone, dove veniva attinto da colpi di arma da fuoco con il successivo occultamento del cadavere.