My land, o: la Calabria senza piagnistei


L’Università della Terza età ha rappresentato il film di Maurizio Paparazzo “My land”, commentato dallo stesso regista e dagli sceneggiatori Vittoria Camobreco e U. N.

È una pellicola di ambientazione squisitamente calabrese, in cui si riconoscono agevolmente luoghi di Soverato, S. Andrea, Badolato, e l’aeroporto di Lamezia; e occasioni come la Madonna a mare e l’estate turistica; e attori tratti tutti dai nostri ambienti amicali, inclusi i due sceneggiatori. Eppure niente di più lontano dalla tentazione di farne una cartolina, una specie di documentario; al contrario, è un intreccio di avvincenti vicende umane di senso della vita e degli amori, che potrebbero accadere in ogni parte del mondo, e sono universali. Si narrano, senza divenire invadenti, quattro storie di sentimenti iniziati e forse nemmeno consapevoli ed espressi.

Perciò è stata evitata ogni calabresità tossica, come l’uso di un falso dialetto magari tradotto con sottotitoli in falso italiano; evitati ogni piagnisteo e ogni tentazione di sociologia della domenica. Ci sono dunque risparmiati gli intellettualismi inutili e noiosi, e le situazioni restano affidate a battute rapide e sintetiche, e alla mimica e alle immagini, e all’intelligenza dello spettatore: così, e non altrimenti, dev’essere il cinema.

È la storia di una buona famiglia calabrese di cinque sorelle, una delle quali suora, e un’altra, vivente negli Stati Uniti, benestante e di suo e per matrimonio; e che torna, dopo molto tempo, in Calabria. Una donna affermata, e tuttavia anche lei, e i suoi belli e comodi figli, hanno, come tutti gli esseri umani, qualche oscuro pungolo d’insoddisfazione; e che non sappiamo se troverà mai pace. Il finale è, infatti, a sorpresa, o, più esattamente, resta, volutamente, sospeso, e dovrebbe essere ripreso e continuato.

La Calabria c’è, però, nel suo misto di tradizione e modernità, e lascia il segno. Così, nel ripartire, riflette Connie, la giovane figlia: “Non so dire quale sentimento adesso mi prende. Stiamo tornando a casa, e siamo tutti e tre confusi: anche la mamma sembra sospesa, ed Andrew [il fratello, deluso in amore impossibile] perso nel nulla. Sì, forse siamo un po’ malinconici. Io mi sono innamorata di questa terra che è un poco mia, e mi pesa, lasciarla: My land”.

Ulderico Nisticò