Nando Giardini e gli 88


  Con Nando Giardini se ne va un’epoca. Politico coraggioso, quando dichiararsi del MSI era davvero un rischio; e attivo, con una presenza in Consiglio regionale ben diversa dalla connivenza di fatto con Oliverio di certi di oggi; e una rara capacità di coltivare il cameratismo in tutti i sensi, anche personale.

 Per tutti, però, Nando era uno degli Ottantotto, i giovani fascisti calabresi che tentarono, nel 1944, un’opposizione armata agli occupanti angloamericani.

 Li ispirava e guidava un personaggio assai particolare, il principe Valerio Pignatelli, che a sua volta prendeva a modello un avventuriero suo antico avo, ufficiale e amico di Murat.

 Ci sono delle pubblicazioni sull’argomento, che ricostruiscono in buona parte la vicenda, a cominciare dall’elenco degli Ottantotto, non proprio sicurissimo; e dalle vicende umane che videro poi alcuni di loro rimanere nel mondo neofascista e nel Movimento Sociale; e altri prendere diverse strade. Furono anche loro uno specchio delle contraddizioni italiane tra il 1943 e il 46.

 Gli insorti vennero arrestati e processati, subendo delle dure condanne, finite, come quasi tutte quelle di fascisti e di antifascisti, con l’amnistia Togliatti. Tutte le guerre civili della storia finiscono in due modi: o una parte fa strage dell’altra; o l’amnistia e oblio di fatto riportano una specie di pace.

 Giardini “entrò nella vita”, nella funzione importante di direttore amministrativo dell’Ospedale di Catanzaro; e militò nel MSI, dove ebbe moltissimi amici e qualche ostinato nemico.

 Consacrò alla sua esperienza giovanile un libro di successo, “Bocca di lupo”, in ricordo della buia finestra della prigione.

Ulderico Nisticò


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