Se la Corte dell’Aja fosse una cosa seria, due carabinieri italiani, o, in alternativa, gendarmi francesi o agenti di Polizei tedesca eccetera, dovrebbero recarsi al Cremlino e arrestare Putin; idem per Netanyahu dove si trova lui; idem per Hamas… Siccome ciò non avverrà, la Corte non è una cosa seria, e poteva evitarsi la mala figura.
Ma qui mi voglio divertire con i precedenti storici, molti dei quali sono evidente confusione tra qualità politica di una persona e sua condizione privata.
Potrei parlarvi delle Erme e di Alcibiade, infinita fonte di guai per Atene; della condanna a morte degli strateghi delle Arginuse invece di una medaglia d’oro, e finì con l’abbattimento delle mura per mano di Lisandro; del processo di Catone a Scipione Africano; del processo a papa Formoso morto e putrefatto; delle varie scomuniche di sovrani, la più famosa quella di Enrico IV a Canossa…
Ma sono cose antiche. Ora mi chiedo e vi chiedo: qual era la condizione giuridica della persona di Napoleone dopo Waterloo e a Sant’Elena? Mi diverto a giocare al piccolo avvocato di diritto mondiale, in questi termini:
- Dal 1804 al 1814, nessuno dei tanti governi britannici aveva mai riconosciuto Napoleone come imperatore, re d’Italia eccetera, ma solo come capo del governo francese.
- Tale condizione, a sua volta, era cessata con la prima abdicazione del 1814, e Napoleone era ufficialmente solo il principe dell’Elba.
- Elba che, nel frattempo, abbandonata da Napoleone, era annessa alla Toscana.
- Durante i Cento giorni, Napoleone era riconosciuto imperatore solo dai suoi seguaci francesi, e disconosciuto dai francesi monarchici e da tutti i governi europei.
- La sera di Waterloo (18 giugno 1815), se Napoleone fosse stato catturato dai Prussiani, probabilmente l’ammazzavano subito. I Britannici, più sottili, lo spedirono in un posto remotissimo del mondo, Sant’Elena, da dove in nessun modo poteva allontanarsi…
- …salvo che Londra (o il governo di turno?) non cambiasse idea, e se lo riportasse in Europa per far dispetto alla Francia; ma è solo una fantasia.
- A Sant’Elena, il governatore inglese gli scriveva lettere con l’indirizzo “Al generale N. B.”, che lui respingeva senza aprirle, pretendendo, invano, che fossero indirizzate “all’imperatore N.”.
- Sbagliando giuridicamente, perché aveva abdicato in favore del figlio; abdicazione non riconosciuta nemmeno dal figlio, e tanto meno dal nonno materno del figlio, l’imperatore d’Austria.
- I bonapartisti, nostalgici, parlavano invece di un Napoleone II, il che consentì loro, nel 1852, di proclamare Luigi Bonaparte l’imperatore Napoleone III.
- Questi, sconfitto dai Prussiani nel 1870 e fatto prigioniero, e mentre in Francia facevano la repubblica, visse poi in Inghilterra come quasi ignoto privato cittadino.
- Nel 1918, qualcuno voleva processare l’imperatore di Germania Guglielmo II, ma non se ne fece niente.
- Nel 1945 i vincitori processarono alcuni pochi superstiti gerarchi nazionalsocialisti a Norimberga; e qualche generale giapponese.
- Qualcun altro voleva processare Mussolini. Mino Caudana ha scritto un simpatico Processo immaginario, in cui l’imputato chiamava mezzo mondo a testimoniare a suo discarico, tra cui Churchill, il Savoia e la Chiesa.
- Nella realtà, arrivò provvidenziale l’amnistia Togliatti del giugno 1946, e l’Italia chiuse tutte le pratiche a carico degli antifascisti e dei fascisti.
Insomma, ha poco senso la confusione tra funzione pubblica e condizione privata. Se no, andate ad arrestare Netanyahu, Hamas e Putin.
A proposito: per arrestare Napoleone ci vollero Wellington e Blucher, mica dei comodi passacarte.
Ulderico Nisticò