‘Ndrangheta, sequestrati beni per 200mila euro al boss Iannazzo


I finanzieri del comando provinciale di Catanzaro, diretti e coordinati dal procuratore della Repubblica, Nicola Gratteri, e dal procuratore aggiunto, Vincenzo Capomolla, hanno eseguito un provvedimento di sequestro di beni per un valore di oltre 200 mila di euro, emesso dal tribunale di Catanzaro su richiesta di questa procura distrettuale.

Destinatario della misura ablativa è Vincenzino Iannazzo, soprannominato “u moretto”, 65 anni, di Lamezia Terme, ritenuto il capocosca dell’omonima consorteria di ‘ndrangheta operante nel territorio di Lamezia Terme e dei comuni limitrofi.

La cosca Iannazzo, tra quelle del territorio lametino, caratterizzate da un’idea “tradizionale” di cosca mafiosa, contraddistinta dal frequente uso della violenza e dalla dedizione ad attività criminali sintomatiche, quali le estorsioni e il traffico di stupefacenti, ha da sempre costituito un esempio tipico di “mafia imprenditoriale” capace di avvalersi di un fittissimo reticolo di imprese intestate o comunque facenti capo a esponenti della famiglia. Iannazzo è stato coinvolto nella nota operazione di polizia convenzionalmente denominata “Andromeda”, culminata nel mese di maggio del 2015 con l’esecuzione di numerosi provvedimenti di custodia cautelare.

All’esito del relativo procedimento penale è stato condannato, con sentenza ancora non definitiva, per il reato associazione mafiosa (con assunzione di posizione verticistica), nonché per il reato di interposizione fittizia di beni. Già in passato Iannazzo era stato condannato, in via definitiva, per concorso esterno in associazione mafiosa.

Lo scorso mese di aprile Vincenzino Iannazzo era stato tra i primi esponenti della criminalità organizzata a essere scarcerato per ragioni di salute legate all’emergenza covid-19 e aveva lasciato il regime del 41-bis del carcere di Spoleto per andare ai domiciliari presso la sua residenza lametina. Il successivo 5 giugno, in applicazione del cd “decreto antimafia”, Iannazzo è ritornato in carcere presso il reparto di medicina protetta dell’ospedale Belcolle di Viterbo.

Le indagini patrimoniali condotte dagli investigatori del Gico del nucleo di polizia economico-finanziaria della guardia di finanza di Catanzaro, prodromiche all’emanazione del provvedimento di sequestro, hanno consentito di ricostruire in capo al proposto un complesso patrimoniale il cui valore è risultato sproporzionato rispetto ai redditi dichiarati.

Il sequestro ha riguardato un’impresa di Lamezia Terme operante nel settore edile, il 50% di una società esercente la commercializzazione di prodotti caseari sempre della città lametina e diversi rapporti bancari e finanzia