Nel 2070, l’India…


 Mentre i 20 del G20 assicurano che, verso il 2050, faranno qualcosa non si sa che, l’India informa che sì, qualcosa farà, ma nel 2070. Nel 2070, a calcoli fatti, chi scrive conterebbe 120 anni, se, come è poco probabile, fosse ancora su questa faccia del mondo e non già nell’altro.

 La Cina, micia micia, annuncia agli amiconi di Glasgow che aumenterà la sua produzione di carbone di un milione (1.000.000) di tonnellate al giorno; ovvero, 365.000.000 l’anno, ovvero… divertitevi a calcolare.

 Nessun Draghi e nessuna Greta vanno a Pechino ad affacciare non dico una protesta, ma il benché minimo sussurro.

 L’India conta, ad occhio, un miliardo e mezzo di abitanti; la Cina supera di due miliardi. E anche gli altri Stati dell’Asia non scherzano. In Cina no, ma in India e altri luoghi, l’Occidente da delocalizzato molte produzioni a basso, bassissimo prezzo; e senza andare per il sottile sulla qualità. Nessun predicatore di giustizia sociale va in India o in Cina a vedere quanto poco sono pagati gli operai? Ma, per quanto poco, India e Cina devono pur dare da mangiare a quelle masse… che intanto vogliono pure la tv e il cellulare e l’aria condizionata.

 Fatta questa premessa, e fingendo che si possa parlare solo di Europa e Occidente, domando come si vuole seriamente affrontare il problema di una produzione che riduca seriamente i problemi. Problemi che ci sono, anche se il sottoscritto non crede affatto che siamo all’apocalisse, e perché sa che di apocalissi si legge in tutti i racconti più antichi, e siamo sempre qui perché la gramigna non muore mai; e perché l’immagine funebre dell’orologio meno tre minuti la vedeva da bambino con la guerra atomica, e non siamo affatto defunti.

 Però è meglio produrre con il meno possibile di problemi. Le soluzioni ci sono, e non sono certo la decrescita felice sognata da qualcuno e il pauperismo predicato da qualcun altro. Francesco d’Assisi scelse la povertà personale per essere libero (leggete l’XI del Paradiso), ma Giotto lo rappresenta in mezzo a gente che intanto voleva vivere e vendere e comprare, onestamente e cristianamente, ma senza morire di fame e spacciare la fame per allegria e gioia.

Londra del XVIII e XIX secolo era grigia di fumo da ciminiere; hanno messo dei filtri, o hanno spostato le fabbriche, e oggi l’aria è pulitissima… per quanto è umano.

 Insomma, i problemi posti dal progresso si risolvono solo con il progresso, e non con le utopie, le quali non convincono nessuno, soprattutto a N. Delhi e a Pechino. Ma state tranquilli, nemmeno a Soverato. Per esempio: la Calabria ha uno o più impianti di riciclaggio dei rifiuti? Secondo me, no, e tutto finisce in discarica. Basta riciclare, no? Ricicla ricicla, e i rifiuti non inquinano.

 Eccetera. Ma se mentre in Europa – verso il 2050!!! – diminuiremo un tantino le emissioni, e intanto la Cina brucia carbone a montagne e i vapori vanno per aria a 360 gradi secondo il vento, le nostre pie intenzioni sono una goccia nel mare.

Ulderico Nisticò