No tinc por


Come tutti i latinisti decenti, io intendo il castigliano scritto e parlato, almeno nella misura dell’80%; ben più ostico mi è il catalano, e mi son dovuto fermare un po’ a intuire che “tinc” deve avere questa complicata derivazione dal latino: teneo > tenio > tengo in italiano, tegnu in calabrese, tiengo in castigliano; infine questo tinc; por è quanto resta di pavor, paura. Ciò in catalano, non castigliano, quello che noi chiamiamo spagnolo; ma a Barcellona gridano “Catalunya es Catalunya, no es Espanya”, e vorrebbero l’indipendenza anche linguistica; perciò, mente inneggiano all’accoglienza di ogni possibile e immaginabile forestiero e terrorista e sfaccendato e più o meno finto profugo, fischiano il re Filippo VI di Spagna.

Forse si ricordano di Filippo V, dal 1700 al ’46 re ancora non “di Spagna”, ma dei ventidue manzoniani regni iberici, italiani e americani, il quale, Borbone e memore della politica del proavo Luigi XIV, iniziò la centralizzazione che infine porrà fine all’antica indipendenza dell’Aragona e della contea di Barcellona eccetera; l’ultimo colpo lo diede il regime di Franco con il nazionalismo castigliano. Vecchie storie, che però a Barcellona pigliano terribilmente sul serio, e tra poco faranno un referendum che minaccia di avere successo; quindi la Catalogna diventerebbe uno Stato indipendente. Vedremo.

La storia, tuttavia, ci riguarda da vicino. Nel 1282 la Sicilia, e con essa gran parte della Calabria, si ribellarono ai guelfi Angioini, in nome degli Svevi ghibellini; e chiamarono a regnare Pietro, principe ereditario e poi re d’Aragona, marito di Costanza, figlia di Manfredi. Per farla breve e senza badare ai particolari che sono intricatissimi, nel 1302 la Sicilia venne riconosciuta indipendente sotto Federico [III] d’Aragona; un secolo dopo, con Martino II, ebbe il re in comune con l’Aragona iberica; infine tutti i suddetti ventidue regni ebbero come sovrano (di fatto, se no sarebbe Giovanna la Loca) Carlo V; con i suoi successori Asburgo, estinti in Carlo II nel ramo iberico. La Catalogna, in quel 1700, non riconobbe Filippo di Borbone ma Carlo [VI] d’Asburgo, e venne repressa militarmente. Ecco la ragione dei fischi? Che memoria, ragazzi! Ci sono poi altre cause, ovvio, di mentalità e di dimensione economica.

Ora veniamo alla paura, o “por” che dir si voglia. Dopo un attentato con 16 morti e quasi cento feriti e un progetto di immane strage e distruzione della cattedrale, “Io non ho paura” è, presa alla lettera, una dichiarazione demenziale da perfettissimi imbecilli di massa. Uno che affronta, che so, un combattimento, ed è attrezzato e addestrato, deve avere paura e superarla; in termini più pacifici, quando mi scoppiò una gomma sull’autostrada, se io avessi ceduto alla paura non sarei qui a raccontarvi il fatto, ma all’Aldilà. Ho dominato la paura, ma non posso dire che lo scoppio di una gomma ad alta velocità sia una faccenducola da riderci sopra: è stato per me il più grave rischio di vita della mia ormai lunga e non certo paciosa esistenza. Ma non è che da allora io abbia smesso di guidare, tutt’altro.

Dire però che non bisogna vivere nella paura è un conto; dire che non si ha paura di una manica di tagliagole assassini e fanatici, è tutt’altro. Ovvero, entrare soli e disarmati in un territorio popolato da cannibali non è un atto di dialogo e civiltà umana e fiducia nel prossimo, è una manifestazione di palese idiozia, e masochistica vocazione a diventare bistecca al sangue. Per quanto mi riguarda, non intendo “dialogare” con l’antropofago magari cuoco sopraffino e voglioso di carne di stagionato professore; e allora o lo evito o, se me lo trovo di fronte, gli sparo. Ciò comporta dunque che io nel territorio dei cannibali entri solo se potentemente armato e attento a ogni stormir di fronda.
Infatti la polizia catalana dà poca e nessuna retta agli ideologi buonisti e dialoganti, e quando ne ha beccati cinque intenti a preparare un attentato, li ha fatti fuori preventivamente, e tanti saluti. Si vede che in Catalogna fanno vizi privati e pubbliche virtù: in pubblico sono accoglienti e sfilano con fiaccole e gessetti e sorrisi da bimbi buoni, in privato sparano con ottima mira. Questo è “No tinc por”, tradotto dal catalano?

Ulderico Nisticò


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