“Non siamo più nella cristianità”


 Lo ha detto papa Bergoglio, non un qualsiasi gazzettiere o un filosofo della domenica. E pensare che, se badiamo a stampa e tv, l’Italia sarebbe cattolicissima che manco il giorno dopo la Vittoria di Lepanto! Ma papa Francesco ha informazioni di prima mano, credo.

 Un’affermazione gravissima, la sua, e che, non essendo politicamente corretta e buonista, è già stata archiviata.

 Cosa avrà voluto dire, il Pontefice?

 Intanto, che i cristiani credenti e praticanti sono una minoranza per numero, e anche di una certa età. Già alcuni decenni fa, risultò che nella Diocesi di Milano solo il 7% (sette su cento!) degli abitanti frequentava le chiese; e oggi saranno di meno.

 In questo agisce poco e nulla la politica.  Dai tempi di Costantino, qualunque sia il parere della Chiesa sulla politica, è solo un parere, e mai un obbligo per i fedeli. La Chiesa in quanto istituzione umana è sempre stata considerata una Potenza terrena, con cui allearsi o contro cui combattere; e questo anche da parte dei sinceri credenti: se vi bastano, cito Dante e il Manzoni. Insomma, corre una seria differenza tra cattolico e clericale! Esempio: il 32% dei cattolici vota Lega.

 Gli altri, i non praticanti, il 93% e oltre di Milano; e, diciamo, l’80% della Calabria? Non sono atei in senso proprio; ma agnostici, indifferenti, o “credono in un essere superiore”, una frase da salotto e fin del table che non vuol dire niente. Si sposano in Comune, e battezzano i figli giusto per i regali. A Natale e Pasqua, forse, vanno a Messa.

 Qualcun altro si dichiara cristiano in senso vagamente umanitario; e, non avendo letto i Vangeli, parla di poveri, un gruppo categoria sociale che in quei Sacri Testi quasi non compare; praticamente solo in una parabola; e tutto il resto, Sacra Famiglia inclusa, è robusto ceto medio con qualche raro nobilotto.

 A mio modesto avviso, è qui il problema. La religione, ogni religione, non è un manuale di buona educazione o di regole etiche più o meno mutevoli nei secoli: messaggi di cui il mondo e la storia sono zeppi, senza chiamare in campo la fede.

 La fede, e di conseguenza la religione, sono atteggiamenti esistenziali di natura metafisica e spirituale; il che le rende inconciliabili con ogni visione materialistica e sociologica e contingente. La metafisica è credere, senza giri di parole, a Dio e all’anima immortale; a patto che queste parole siano prese alla lettera: Dio può essere solo Dio; e l’anima esiste ontologicamente, non è psiche, è componente inscindibile, sinolo, con il corpo, di ogni singola persona; e vive dopo la morte del corpo, in Inferno Purgatorio Paradiso.

 Ecco, se uno è cattolico credente e praticante deve credere a tutto quanto elencato nel precedente capoverso: “Sì, sì; no, no: il resto viene dal demonio”, ovvero sono sofismi e patacche verbali.

 Chi non ci crede, non ci crede; ed è inutile dialogare, se non nel tentativo di convertirlo; ma non può avere anche lui ragione, nemmeno lo 0,001%. Idem per atei e protestanti vari; per gli ortodossi scismatici, non c’è problema: essi dal 1054 non dialogano, anzi, come il patriarca di Mosca, non ne vogliono manco sentire parlare. Peggio per loro.

 Secondo me, bisogna ricominciare da qui: restituire al mondo cattolico la sua identità inconciliabile con ogni altra identità; e anche il sano orgoglio dell’identità.

 Serve un’operazione culturale di amplissimo respiro, con storia e letteratura e cinema. E di cultura cattolica, non raccattando atei che si degnino, ogni tanto, di riconoscere un approssimativo valore storico della fede: bontà loro. A proposito, non penso ci siano dei cattolici contenti che il pensiero del papa sia interpretato, spesso a modo suo e mentendo, da un miscredente come il giornalista Scalfari!!!

 Anche i riti possono fare la loro parte, tornando riti, con divieto di divagazioni a ruota libera.

 Comunque, è un buon inizio che in alto, altissimo loco, si prenda atto della malattia, prima di tentare una cura. 

 Buon Natale: che è la nascita di Cristo, non un buffo ometto con animali artici a noi ignoti.

Ulderico Nisticò