La triste lezione delle Marche, cui va la nostra solidarietà, induce a una domanda: se, quod Deus avertat, dovesse accadere qui un nubifragio, siamo pronti ad affrontarlo?
Ad affrontarlo prima, non dopo i danni. Può accadere? La storia ne è zeppa, e, per non andare lontano, ricordiamo ancora l’alluvione del 1951, e restano documenti di quello del 1935. E che dire del 2000, il Beltrame? Il Beltrame che è un rigagnolo, però se a monte ci mettete un tappo, diventa una furia. Ah, e l’inondazione degli scavi di Sibari, peggio di quella pitagorica del 510 a.C.
Quando tali disastri accadono, anche nelle Marche, parte delle cause è in piogge straordinarie, ma parte, spesso parte maggiore è nella cattiva gestione del territorio. Mi chiedo dunque se i torrenti e fossati siano puliti; se funzionino adeguatamente i sistemi di scoli e fogne. Non ho notizie, ma proprio per questo desidererei averne.
E vorrei che i provvedimenti venissero assunti in modo preventivo, per evitare morti e danni; e anche evitare piagnistei e commemorazioni; e indagini giudiziarie che durano da un allagamento all’altro, da un decennio all’altro, e poi non paga nessuno.
Servono soldi? Si trovino. Servono braccia? Uh, ce ne sono a spasso, tra redditi di cittadinanza e più o meno genuini profughi: entrambe categorie composte al 90% di giovanotti di sana e robusta costituzione fisica, ai quali tenere in mano una vanga può solo fare bene al corpo e all’anima.
Serve un’autorità di bacino per ogni bacino, ma vera, non una burocrazia in aggiunta a tante burocrazie che fanno da tappo peggio dei rifiuti; e che abbia il potere di ispezione della situazione reale e di intervento immediato.
Io l’ho detto, nel mio piccolo. Se succede qualcosa e intanto non avete fatto nulla, per lo meno evitate le cerimonie ufficiali.
Ulderico Nisticò