Nel marzo del 1941, mentre l’Italia era ancora in difficoltà contro la Grecia, il Regno di Iugoslavia, in realtà una dittatura della monarchia serba, tentennava dall’Asse verso un’intesa con G. Bretagna. Germania e Italia, con Ungheria e Bulgaria, prevennero occupando il territorio. Serbia e Bosnia furono prese dalla Germania; Croazia e Montenegro, dall’Italia, con ampliamento dell’Albania italiana al Kossovo. L’Italia si annesse direttamente Lubiana come provincia autonoma bilingue, e parte della Dalmazia.
Iniziò nella crollata Iugoslavia una terribile sanguinosa guerra di tutti contro tutti, sia territoriale contro gli occupanti, sia soprattutto politica, con tre principali movimenti mortali nemici: fascisti croati (ustascia), monarchici serbi (cetnici), comunisti di Tito. Verso il 1944, prevalsero questi, aiutati da Sovietici e Angloamericani, e respinsero gli avversari (dopo l’8 settembre 1943, quasi solo i Tedeschi) ai confini dell’Italia. Li valicarono in Dalmazia, Istria, Venezia Giulia; mirando anche a Trieste e al Friuli. Si combatté ancora fino alla primavera del 1945, e la difesa tedesca e della RSI mantenne Trieste, occupata solo pochi giorni da Tito, e poi da truppe inglesi.
Con il cosiddetto armistizio, in realtà resa al nemico e fuga del re, le terre orientali rimasero senza protezione, ed esposte alla furia dei comunisti titini e dell’odio slavo. Fu allora che moltissimi italiani vennero orrendamente uccisi e gettati nelle foibe, le cavità carsiche; quando non ancora vivi. Lo scopo era la “pulizia etnica”, l’eliminazione fisica e culturale di ogni italianità. Migliaia gli uccisi; e iniziò l’esodo, che alla fine sarà contato fino a seicentomila profughi.
Per due anni dopo il 1945, la sorte dei confini restò incerta, tra occupazione iugoslava e occupazione inglese, e trattative diplomatiche senza e contro l’Italia. Intanto Tito rompeva i rapporti con Stalin, e diveniva pedina importante per la guerra fredda americana. Gli USA decisero dunque di accontentarlo con il massimo possibile di territori italiani. La nuova classe politica mostrò quella che Vittorio Emanuele Orlando chiamò “libidine di servilismo”.
Il 10 febbraio 1947, a Parigi, il governo italiano (pres. De Gasperi) venne chiamato a firmare, e senza poter nulla discutere, il trattato di pace. L’Italia, dichiarata “nazione sconfitta”, cedette le colonie e i possedimenti, nonché Briga e Tenda alla Francia; e alla Iugoslavia, rispetto al 1941, Zara, Fiume, Istria, Venezia Giulia. Invano Orlando, e persino Benedetto Croce, proposero di subire senza firmare, per non pregiudicare l’avvenire; e la firma venne apposta nel più passivo silenzio. Avevano ragione, e nel 1991 poteva cambiare la storia!
Per Trieste venne trovata una soluzione ipocrita: un Territorio libero, ma di fatto occupato dagli inglesi nella Zona A (la città) e da iugoslavi nella B. Per Trieste ci fu una ventata di patriottismo, e in più occasioni la polizia inglese intervenne nel sangue: tra i Caduti per Trieste, Francesco Paglia di Catanzaro, cui è dedicata una via. Nel 1954, Trieste tornò all’Italia. Dal 1991 la Iugoslavia non c’è più, stavolta scioltasi da sola, e con le stesse stragi di dopo il 1941.
Onore agli assassinati per la loro italianità. E voglio ricordare i profughi, spesso maltrattati e ignorati. Molti di loro onorarono a loro volta l’Italia, e quelli della mia età li hanno presenti: Nino Benvenuti, Abdon Pamich, Enzo Bettizza, Ottavio Missoni, Maria Carmen Nutrizio, Nino Nutrizio, Tom Ponzi, Alida Valli… e molti altri più umili, che si guadagnarono il pane con il lavoro in Italia.
Ulderico Nisticò