La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso della Procura Generale di Catanzaro che aveva impugnato la sentenza pronunciata dalla Corte di Appello con cui, in riforma della sentenza di primo grado che aveva inflitto condanne fino a dieci anni di reclusione per plurimi reati, tra cui il delitto associativo di stampo mafioso, gli imputati erano stati assolti dal reato associativo, ritenuto insussistente.
Nel corso dell’udienza del 2 ottobre, in sede di requisitoria, il Procuratore Generale della Corte di Cassazione aveva chiesto il rigetto del ricorso del Procuratore di Catanzaro, sollecitando, invece, l’annullamento della sentenza relativamente alla revoca della confisca di tutte le società riconducibili a Putrino e a Rocca.
I difensori degli imputati, invece, nel chiedere che il ricorso della pubblica accusa fosse dichiarato inammissibile o comunque rigettato, hanno ulteriormente discusso chiedendo l’accoglimento dei rispettivi ricorsi relativamente ad un’ipotesi di illecita concorrenza, per cui vi era sentenza di condanna (seppur con i benefici di legge).
In particolare per Vincenzo Torcasio, difeso dall’avvocato Antonio Larussa, per cui vi era stata condanna per il solo delitto associativo, è stata definitivamente confermata l’assoluzione dichiarata dal giudice di appello.
Per Pietro Putrino, per il figlio e per le società a loro riconducibili (difesi dagli avvocati Francesco Gambardella, Massimiliano Carnovale e Michele Cerminara), nonché per il nipote (difeso dall’avvocato Giuseppe Senese) è stata parimenti confermata l’assoluzione per il delitto associativo (per insussistenza del fatto) con il contestuale riconoscimento della legittimità delle società ad essi riconducibili.
Per questi ultimi è stata, poi, confermata la responsabilità per il solo delitto di concorrenza illecita. Anche per Ugo Bernardo Rocca (difeso dall’avvocato Antonio Larussa) è stata confermata l’assoluzione per il delitto associativo (per insussistenza del fatto) con la conferma della responsabilità per il delitto di concorrenza illecita (con benefici di legge).
La responsabilità per il delitto di illecita concorrenza è stata confermata anche per Franco Antonio Di Spena (difeso dall’avvocato Lucio Canzoniere).
L’operazione “Quinta Bolgia” è stata una vasta indagine condotta dalla Direzione Distrettuale Antimafia (DDA) e dalla Guardia di Finanza di Catanzaro, in Italia.
L’inchiesta, scattata nel novembre 2018, ha svelato presunte infiltrazioni e condizionamenti della ‘Ndrangheta (in particolare le cosche Iannazzo-Cannizzaro-Da Ponte di Lamezia Terme) all’interno dell’Azienda Sanitaria Provinciale (ASP) di Catanzaro, e in particolare nell’ospedale di Lamezia Terme.
Le accuse principali riguardavano: Il controllo monopolistico di alcuni servizi essenziali all’interno dell’ospedale, come il servizio sostitutivo di autoambulanze (118) e il settore delle onoranze funebri, estromettendo la concorrenza. Il monopolio nella fornitura di materiale sanitario e nel trasporto di sangue.
Coinvolgimento di imprenditori, dirigenti medici, infermieri e altre figure legate all’ASP e all’ospedale, con l’accusa di vari reati, tra cui associazione mafiosa e concorso esterno.
L’operazione ha portato a numerosi arresti e ha determinato l’insediamento di una commissione d’accesso antimafia che ha poi portato al commissariamento dell’ASP di Catanzaro per infiltrazioni mafiose.