A suo tempo, e fu bella ideona di Prodi, l’Italia pagò, per un euro, 1936,27 lire. Qualche pallottoliere su due gambe, e che nulla aveva di umano, calcolò in quel modo, e nessuno obiettò, tanto meno Prodi. Lo stesso per l’opposizione, allora rappresentata da Berlusconi e annessi.
Non bastò. Il giorno dopo, tutti i commercianti d’Italia pensarono bene di aggiornare i prezzi con questa operazione da lestofanti: lire 1000 = un euro = lire 1936,27; praticamente, il raddoppio di tutti i prezzi. Bisognava arrestarne uno e metterlo alla gogna; ma nessuno lo fece, tanto meno Prodi. Lo stesso per l’opposizione, allora rappresentata da Berlusconi e annessi. Del resto, sei mesi dopo Berlusconi tornò al governo, e nulla fece.
L’Europa aveva promesso che, con l’euro, saremmo diventati tutti ricchi e felici. Nel 2008, invece, scoppiò una crisi da cui nessun plurilaureato riesce a farci uscire. Come sempre nei tempi di crisi, i poveri s’impoverirono, e i ricchi si arricchirono. Nel nostro caso, ricchi i Paesi renani – Germania, Olanda, Belgio, Lussemburgo – poverissima la Grecia; la Francia, si difende con la politica estera in Africa; l’Italia, anche per la sua cattiva amministrazione e pessima politica, ha due gravi problemi:
– Un divario immane tra aree ricche e aree improduttive tipo Calabria e altre ampie zone del Sud;
– Un fortissimo debito pubblico.
E con chi abbiamo, questo fortissimo debito? Non si sa, anche perché non si sa esattamente cosa sia l’euro, a parte la sua natura di foglio di carta, che noi paghiamo con interessi a qualcuno.
La soluzione proposta dall’Italia – dal governo, ma con il consenso di quasi tutti – è poter fare più debito. E già, come se prima o poi non lo dovessimo pagare, o non ce lo faranno pagare in qualche modo!
Proviamo a immaginare un modo alternativo all’euro, una moneta parallela. Attenti qui: di per sé, l’operazione è molto pericolosa, e lo mostra il più celebre degli esempi, quello degli Assegnati della rivoluzione francese. Erano, come la parola dice, degli assegni, ma postdatati, e da esigere solo quando lo Stato avesse effettivamente incassato dei soldi veri, vendendo – non si sapeva a chi – i beni confiscati ai nobili e clero. Siccome questi beni valevano poco, e scarsi erano i probabili compratori, tutti sapevano che gli Assegnati erano carta straccia, e cercavano di liberarsene, tesaurizzando il franco d’oro: la moneta cattiva, si sa, scaccia quella buona. Ne derivò una tale inflazione che la rivoluzione sarebbe fallita, senza la dittatura di Napoleone, che ritirò quelle cartacce e fondò la finanza sul franco.
Se l’Italia emettesse una moneta, chiamiamola lira o ducato o zecchino, ma con il solo valore nominale garantito a chiacchiere, quella farebbe la fine suddetta, venendo di fatto rifiutata, o circolando poco e male. E allora?
E allora non resta che l’euro pagando meno interessi. E si può fare usando i BOT, con questa modalità: se uno percepisce uno stipendio di, poniamo, 1.000 €, lo Stato elargisce 1.000 €, ma a sua volta deve pagare, diciamo a caso, 1.010. Il cittadino, con 1.000 €, deve pagare, poniamo, una tariffa statale di 100 €; gliene restano dunque 900.
Ebbene, perché lo Stato non gli passa uno stipendio di 900 €, pagando a sua volta 909, più 100 € di BOT, da girare subito come tariffa? I professionisti chiamano ciò partita di giro, a costo zero.
Moltiplicate i 1.000 e 1010, poi i 900 e 909 per milioni di stipendi e per 12 mesi, e vedrete se il risparmio non è sensibile.
Occorre dunque un governo “rivoluzionario”: ma, con i chiari di luna di una raffazzonata maggioranza e appiccicata opposizione, non c’è manco da sognarlo.
Ulderico Nisticò