Perseguita l’ex tramite Whatsapp, “stalker” condannato a un anno e mezzo di reclusione


Nessuna pietà per chi “stalkera” la ex su WhatsApp. Condannato a oltre un anno e mezzo di reclusione senza la condizionale, un uomo che aveva continuato a mandare messaggi d’amore sgraditi o offensivi nonostante il divieto di avvicinamento.

Può costare davvero caro alternare messaggi d’amore sgraditi a messaggi offensivi. Tanto più se le missive continuano durante il divieto di avvicinamento. Lo ha stabilito la Corte di cassazione che, con la sentenza 7821/23 pubblicata il 22 febbraio 2023, ha confermato e reso definitiva la condanna a carico di un sessantaduenne che perseguitava la ex.

L’impianto accusatorio ha retto integralmente di fronte alle obiezioni con le quali la difesa chiedeva l’assoluzione o, almeno, la sospensione condizionale della pena. Per gli Ermellini, infatti, di cui ha scritto il sito Cassazione.net, rileva Giovanni D’Agata, presidente dello “Sportello dei Diritti”, la Corte d’Appello di Firenze avrebbe legittimamente negato il beneficio poiché, ha escluso che l’uomo si sarebbe astenuto dal commettere ulteriori reati alla luce della prosecuzione delle condotte persecutorie da parte sua in costanza di sottoposizione a misura cautelare personale, allorché egli ha pure coinvolto nella vicenda il datore di lavoro della persona offesa (così recandole maggior pregiudizio).

In tal modo ha indicato in maniera congrua e conforme a legge gli elementi ritenuti prevalenti in senso ostativo, senza che possa ravvisarsi alcuna contraddizione con quanto esposto dallo stesso Giudice territoriale a sostegno della conferma della pena irrogata dal Tribunale (sia pure in misura lievemente superiore al minimo edittale) in relazione alla quale ha rimarcato la gravità dell’agire e la spiccata intensità del dolo dell’imputato nonché il mancato effetto deterrente della misura cautelare a lui applicata.

Non è stata necessaria neppure una perizia e l’acquisizione della copia forense delle missive in quanto in quanto alla persona offesa – che ha riportato pure dei ripetuti messaggi (contenenti talora insulti, talora «manifestazioni di amore») ricevuti dall’imputato nonostante ella gli avesse espresso l’intenzione di non riceverne – è stata attribuita attendibilità alla luce di numerosi elementi, quali l’assenza di interesse economico (dato che non si è costituita parte civile) ed anzi la necessità di disporne l’accompagnamento coattivo perché rendesse esame nonché il suo contegno in tale sede; quanto emerso dalla altre testimonianze. Ora l’appassionato ex dovrà scontare diciotto mesi di reclusione senza alcuno sconto di pena nonostante sia incensurato.