Pijji pisci e jestimi


 Per i non soveratani, “Uno pesca abbondantemente ma si lamenta”; ovvero, da un punto di vista psicanalitico, gli uomini hanno un disperato bisogno di soffrire, più o meno quanto di essere lieti.  A sentire la tv e i giornali, e anche autorevoli solenni interventi, questo 2021 è un anno di “disgrazie con qualche sciagura” come in Brancaleone alle Crociate; è un anno pieno di morti, guerre, carestie, terremoti, insomma una specie di Apocalisse con tutti e quattro i cavalieri; e da un momento all’altro l’umanità si estingue.

 Ora, siccome chi scrive è vecchio, molto vecchio, però ha ottima memoria, si ricorda, il decrepito U. N., che sul suo libro di geografia delle Medie stava scritto che gli abitanti del Pianeta erano 1.500.000.000; oggi siamo otto miliardi, e poiché sono molto diminuite le nascite, soprattutto in Occidente, vuol dire che non muore più nessuno; e chi defunge, lo fa, in genere, dopo i suddetti anni 80 quando non 90. E un sessantenne di oggi vale fisicamente più di un quarantenne di alcuni decenni fa.

 Otto miliardi di persone, detto in generale, mangiano, con qualche eccezione per aree non tanto socialmente ed economicamente difficili, quanto per condizioni naturali, e proprio per abnorme aumento della popolazione rispetto alle potenzialità. Per essere più esatti, oggi consideriamo bisognoso, indigente, chi non ha il cellulare e l’automobile. Ancora fino a un secolo fa (1921), l’automobile era un sogno e il cellulare non c’era nemmeno nei film di fantascienza.

 Non muore nessuno? E il covid? Ragazzi, rispetto non alle pestilenze dei millenni e secoli fa, ma alla spagnola del 1920, il covid è un lieve raffreddore, e il numero dei trapassati – ammesso siano davvero tutti morti per covid, il che non è affatto certo – è comunque insignificante rispetto alla popolazione.

 Quanto alle altre malattie, la penicillina è in uso comunque dagli anni 1960; e prima bastava una polmonite per spedire all’Aldilà. Eccetera per quasi tutti gli altri morbi; mentre ferite e fratture, che un tempo segnavano a vita (e segnavano tutti, tipo Carlo II lo Zoppo, re e non sottoproletario), si aggiustano e dimenticano in un paio di mesi.

 L’istruzione è quasi universale. L’istruzione, dico: la cultura seriamente intesa è in crollo proprio per effetto dell’istruzione di massa: ma questo è un altro discorso. È comunque in vorticoso progresso la scienza con annessa tecnica.

 Le guerre… Ma voi avete studiato con CEPU? Senza scomodare la Guerra di Troia e le Guerre Puniche, vi ricordo che l’Europa – l’Europa, non tribù di cannibali – si è svagata in due Guerre Mondiali: 1914-18; 1939-45; ed è ancora vivo qualcuno che l’ultima l’ha combattuta con il massimo impegno e piacere. Oggi, ogni tanto, si fa una “spedizione di pace”, spesso clamorosamente fallita come in Afghanistan, e ciò proprio per mancanza di voglia di guerra: se laggiù c’erano, come 70 anni fa, carristi tedeschi, parà italiani, bombardatori USA e britannici, guerrieri stalinisti, samurai giapponesi, ai telaban non restavano nemmeno le sabbie. Invece siamo tutti paciosi e coniglietti anche con gli assassini armati di arco tipo Norvegia.

 Insomma, non riesco a trovare motivo per tutti i piagnistei di cui ci affliggono quotidianamente. Però non è nemmeno vero che il mondo sia un Bengodi pieno di salsicce e vino buono, e che il problema sia distribuire la ricchezza. La ricchezza non esiste nelle grotte come i tesori dei Nibelunghi, non è nascosta nelle cantine dei cattivi che non la vogliono regalare ai buoni; e nemmeno è vero che i poveri sono buoni e i ricchi cattivi.

 Se il mondo è com’è, lo si deve all’attività umana, non ad un improvviso superenalotto; lo si deve al lavoro. Conclusione, c’è una sola possibile e seria, una sola alternativa moralmente accettabile alla miseria, ed è offrire ai bisognosi il lavoro; in molti casi, obbligarli a lavorare, senza aspettarsi la manna dal cielo… o dalla terra.

Ulderico Nisticò