Pro Calabria, e Sud in genere


 “Chi ***** m’accucchiati pro Calabria?”, cantava mastro Bruno, il quale morì nel 1912, 108 anni fa. Pro Calabria non era un modo di dire, ma il titolo di una precisa legge di quei tempi, che avrebbe dovuto… e qui immaginate quali magnifiche sorti e progressive… che mai si videro!

 Oggi, 2020, ci sono dei meridionalisti i quali, calcolatrice alla mano, hanno stabilito che al Sud, di cui la Calabria fa parte, spetterebbe, automaticamente, il 34% del bilancio dello Stato. Fa loro eco Giuseppe Conte, il quale arrotonda al 40% dei soldi che, secondo lui, arriveranno, prima o poi, poi!, dall’Europa.

 Sono, ovviamente, cose che si dicono. Intanto nessuno Stato può decidere il suo bilancio con il bilancino del farmacista, e tanto meno dividerlo brutalmente per aree geografiche o sociali. I soldi vanno investiti con intelligenza e lungimiranza, non distribuiti ai vari e famelici politicanti e filosofi! E poi c’è che, da quando infelicemente esiste la Regione Calabria, Stato ed Europa le hanno inviato tanti di quei soldi che il Pollino poteva diventare una montagna d’oro coniato, e l’Ancinale scorrere latte e miele;  invece siamo terzultimi tra tutte le regioni europee. Anche se mandassero altre valanghe di euro, è del tutto inutile, finché sono in mano a tre categorie di persone, e non cattivi nordisti, ma tutte di nascita e discendenza calabrese e meridionale:

  • politicanti chiacchieroni e incapaci;
  • burocrati ignoranti come talpe e più pigri dei bradipi;
  • intellettuali depressi e deprimenti, ovviamente a pagamento.

  Con questo materiale umano, non ci aiuterebbe manco l’intero tesoro di Creso. Servono idee per la Calabria e il Sud: idee vere, non utopie e calcoli fatti come la vecchietta della ricottina; e attuazione immediata delle idee: esempio, appena un sindaco chiede uno svincolo supplementare, sbatterlo ai lavori forzati in miniera; serve l’ottimizzazione delle risorse: esempio, enti con cento operai e un (01) dirigente distaccato, quindi nessuno stipendio in più, e non i soliti 99 dirigenti sospetti e un operaio con la 104. Servono produzione e commercializzazione, quindi lavoro, e lavoro nel senso di spaccarsi la schiena e sudare.

 A proposito, qualcun altro tira fuori la “fiscalità di vantaggio”: chi investe a Sud paga meno tasse. Ahahahahahahaha. L’abbiamo già visto, eccome: arrivano, aprono capannoni di cemento con dentro niente, e dopo un anno vanno via con il malloppo. Isotta Fraschini, SIR, Saline, palline da tennis, birre… No, niente di questi imbrogli legalizzati.

 Il Meridione non va assistito, ma costretto a mettersi in moto. Costretto, perché se no sta bene così, lento e lamentoso; e che spaccia per tradizione quella che è invece superbia fasulla di nonno barone e supernonna di tutti, la Magna Grecia: argomento, quest’ultimo, di cui nessuno sa un piffio, ma ne parlano tutti.

 Ci sono, le risorse? Ah, il Sud non è il Paese del Bengodi: questa è una fandonia che circola da tremila anni, ed è contraddetta dall’evidenza di un territorio difficile e frammentato; ma risorse agricole, pastorali, boschive ci sono; e ci sarebbe il turismo, se non fosse stato lasciato ad avventurieri che inchiodarono assieme quattro tavole e le chiamarono Lido Anfitrite. Non spaventatevi, è una dea del mare; e il figlio dell’arraffone ha studiato al Classico, ovviamente per farsi medico, mica operatore turistico.

 Le terme della Sibaritide, oggi note come Spezzano, venivano utilizzate per i piaceri dei Sibariti, quindi almeno dall’VIII secolo aC; furono note anche quelle Locresi, Antonimina; e probabilmente le “Aquae” dei Romani sono Acconia e Caronte;  verso il 1850 restituì vitalità ad antiche fonti un Borbone gaudente, Luigi conte d’Aquila, donde le Terme Luigiane. Eccetera in altri luoghi del Sud. Ci sono, ma il loro sfruttamento non è manco il 30% di Montecatini e Chianciano, luoghi che, senza la terme, sarebbero la sesto mondo, e invece con le terme campano alla grande tutto l’anno!

 Il turismo culturale è quasi ignoto in Calabria. Per forza: l’intellettuale calabrese, tutto gobba e depressione, si fa un dovere di mostrare solo il volto malinconico e cupo della nostra terra; della quale sa pochissimo, del resto, e non si sforza di colmare le sue lacune… lacune? oceani! 

 Proverbio calabrese: “A gatta d’a dispensa, com’è ti pensa”, ovvero, se uno è depresso, immagina che tutto il mondo sia depressione. Grazie a Dio, non è così; e la depressione non è un atteggiamento culturale, è mal di fegato.

 Venite al Quarzo, o COMAC, domenica sera alle 21.30, e vedrete come si fa cultura e spettacolo senza ammorbare il prossimo.

Ulderico Nisticò