Propongo un Festival Internazionale della Pitta a Badolato


Caro Tito, la nostra generazione meridionale, specialmente in Calabria (quella nata nei primi decenni del dopoguerra, tra il 1945 e il 1965), si è nutrita, nella povera o semplice infanzia, con la “pitta” ovvero una pizza rustica molto piatta che le nostre mamme facevano ogni volta che infornavano il pane settimanale. E, in effetti, la pitta era tratta dalla stessa pasta del pane rustico-familiare, realizzata con lievito madre. Come forma e consistenza, la pitta originale badolatese, in particolare, era molto simile alla “spianata sarda” (molto sottile, morbida, a volte croccante, come si può vedere nella foto).

D’estate veniva condita con pomodoro grattato, olio d’oliva, sale, origano. D’inverno, quando non c’era il pomodoro, era condita con olio e sale; alcuni ci mettevano i cicoli di maiale. Solitamente aveva forma rotonda, però ricordo che mia madre la faceva pure in forma irregolare, per il semplice motivo che, in origine, la pitta veniva usata come verifica della temperatura ottimale del forno a legna per la preparazione del pane. Poi, ovviamente, veniva fatta anche in forma rotonda. Un ottimo spuntino mattutino o una gustosa merenda pomeridiana. Per noi bambini era una golosità ed una gioia. Infatti, quando pensiamo alla pitta la carichiamo di significati assai lieti e sentimentali. Ancora oggi, anche se siamo lontani dall’infanzia.

Con il passare del tempo e dei luoghi, le varianti della pitta, così come della pizza napoletana, sono divenute pressoché infinite … così tanto che in alcune zone (come ad esempio, nell’America del Nord) sembra irriconoscibile per quanto trasformata, stravolta e condita esageratamente e di dubbio gusto per noi mediterranei. Le varianti esistono pure nelle denominazioni oltre che nelle forme, nei condimenti e nelle più o meno ricche farciture: ad esempio, si chiama “piadina” in Romagna e la si fa originare agli Etruschi. Infatti, ognuno pensa di avere un’origine particolare, mentre la matrice è quasi sempre la stessa … la pitta proviene dalla civiltà del grano!… Ovunque c’è grano c’è pitta!…

1 – NASCITA E DIFFUSIONE DELLA PITTA

Secondo il grande studioso tedesco dei dialetti calabro-salentini Gherard Rohlfs, “Pitta” è un termine greco, come del resto anche la “lestopitta” ancora oggi presente nell’area grecanica di Capo Sud (in provincia di Reggio Calabria). “Lestopitta” significa proprio “pane sottile”. Però, la nascita della “pitta” come focaccia, più o meno piatta, ha origini davvero assai remote, certamente di migliaia d’anni. In pratica e come detto, è nata con la coltivazione del grano; quindi con la scoperta dell’agricoltura, che si attribuisce alla Mesopotamia (attuale zona dell’Iraq) o alla prima Europa (la striscia che va dall’attuale Ucraina fino alla Prima Italia o Italia meridionale).

Data tale ampia diffusione, la pitta ha assunto nome, forme e significati molto differenti tra di loro anche se in gran parte la matrice resta sempre e comunque la pasta di pane fatta con lievito madre. Un nutrimento umile quanto basilare, semplice quanto sacro e familiare. Dalla pitta ha origine pure la più famosa “pizza” che i napoletani (per il grande popolo mercantile, solare ed espansivo che sono) hanno saputo diffondere con successo e maestrìa in ogni angolo del pianeta. Il “made in Italy” più popolare e rappresentativo, assieme agli spaghetti (che sempre prodotto del grano sono). “Pane, amore e fantasia”!!!…

2 – (INTERNATIONAL) PITTA FESTIVAL IN CALABRIA

Pure per tali motivi di varietà, bontà e diffusione, ritengo che sarebbe meraviglioso, al pari di un Festival dei Popoli, realizzare in Calabria (magari a Badolato) un vero e proprio FESTIVAL DELLA PITTA o (INTERNATIONAL) PITTA FESTIVAL, così come a San Vito Lo Capo (TP), in Sicilia, da 25 anni si svolge il COUS COUS FESTIVAL, un altro tipo di nutrimento che è diventato emblematico per parecchi Popoli, conquistando pure le tavole di Paesi dove l’alimento era del tutto estraneo. Ed eventualmente gli organizzatori del PITTA FESTIVAL potrebbero ispirarsi proprio al festival siciliano che tanta gente riesce ad attrarre e tanta cultura suscita ogni anno, in giugno e, in particolare, in settembre per un’intensa settimana di euforia! Quest’anno si è svolto dal 16 al 25, sempre con grande successo!… Ti invito a vivere questa magnifica esperienza.

Ovviamente, così come avviene a San Vito Lo Capo (da me vissuta parecchie volte), oltre alle varie degustazioni, ci sono convegni e manifestazioni socio-culturali collaterali di grande spessore e significato. Quindi pure (l’International) Pitta Festival potrebbe diventare, col tempo, un importante volano per quel paese (San Vito conta appena 4700 abitanti) o quella città che organizzerà tale manifestazione. Personalmente, mi auguro che sia Badolato ad organizzare un simile evento, ma va bene qualsiasi Comune, Provincia o Regione purché si faccia! Così come in qualsiasi località (tra le tantissime) che abbia attinenza al pane, come ad esempio la bella e antica Cursi (nel Salento leccese) che fa la Sagra del Pane in occasione della Festa della Madonna dell’Abbondanza.

3 – LA VACCARELLA DI BADOLATO E DI SPADOLA

In Italia, la pitta (eredità greca, almeno come nome) è diffusa essenzialmente in Calabria e nel Salento (emblematiche zone greco-bizantine). In entrambi i luoghi ci sono alcuni paesi che realizzano la “Sagra della Pitta” con proprie varianti. Così ad Aieta e a San Giovanni in Fiore (Cosenza), San Costantino Calabro (Vibo Valentia), Andrano (Lecce) e così via. A volte, assieme agli eventi dedicati alla celebrazione del pane.

Probabilmente era una pitta quel “bue di pane” che era diffuso nella Prima Italia dei “sissizi” di Re Italo ben 3500 anni fa e che il filosofo Salvatore Mongiardo (andreolese di Soverato) afferma sia stato rilanciato a Crotone da Pitagora, il quale lo avrebbe offerto agli Dei come ringraziamento per aver scoperto il suo famoso “Teorema”. Tale “bue di pane” ha assunto pure il significato etico di non uccidere gli animali per mangiarne la carne, ma di ritenere gli animali (e, in particolare, quelli domestici che aiutano l’uomo nelle sue fatiche quotidiane) nostri “fratelli minori”.

  In tal senso, l’impegno socio-culturale di Mongiardo (anche come Scolarca della Nuova Scuola Pitagorica di Crotone) è tanto assiduo quanto profondo ed efficace, pure in termini di “antiviolenza” (rileggi la precedente “Lettera n. 422”). Tra l’altro ha scoperto che a Spàdola (comune delle Serre calabresi in provincia di Vibo Valentia) si fa ancora il “bue di pane” per la Festa di San Nicola, in estate, come ricorrenza patronale, organizzata dalla Parrocchia di Santa Maria Sopra Minerva … infatti a Spadola c’era un tempio dedicato alla dea greca Minerva. E’ tanto radicato il culto etico del bue che a Spadola si realizza pure il ballo pirotecnico della “Vaccaredhjia” (cioè della Vaccarella) … un simulacro che inevitabilmente ci porta al “bue” della Prima Italia, se è vero che il nome Italìa possa significare “terra dei vitelli”.

E forse non a caso a Badolato (25 km da Spadola), le nostre mamme erano solite fare una pitta a forma di “vaccarella” … che fungeva anche da giocattolo oltre che da nutrimento … così come i casari sono ancora soliti, nella nostra zona della Prima Italia, fare piccolissimi caciocavalli a forma di animali. Tutto torna, quindi, anche considerando il fatto che a Soriano Calabro (ad appena 15 km da Spadola) si fanno ancora a forma di animali o di bambini i famosi mostaccioli che vengono venduti in tantissime fiere calabresi e anche fuori-confine.

4 – LA NOSTRA GIOVENTU’ STUDIOSA

Caro Tito, ritengo che un (INTERNATIONA PITTA FESTIVAL) possa avere un grande successo ed un formidabile significato di pace e di unità tra i Popoli, specialmente di quelli che basano il loro nutrimento e la loro tradizione ultramillenaria nel pane, comunque declinato. “Dacci oggi il nostro pane quotidiano” (frase centrale nella preghiera cristiana del “Padre Nostro”). Confido che le nuove generazioni possano appassionarsi ed impegnarsi per un evento così inclusivo come il PITTA FESTIVAL, pure perché dove c’è pitta e pane non c’è guerra! E se la pitta significa nutrimento per il corpo e la gioia esistenziale, i libri sono il nutrimento per la mente e l’anima per un … “mondo migliore”!…

E, a proposito di belle generazioni (come quelle che hai in casa tua), ore fa, alle ore 13.39 ho ricevuto da un caro amico calabrese la foto raffigurante la pila dei libri che il figlio diciottenne aveva letto negli ultimi due mesi, dopo aver concluso gli esami di Stato al Liceo. Non mi ha colpito tanto il numero dei volumi, quanto la loro consistenza tematica per uno che si avvia a concludere pure la propria adolescenza. D’altra parte il ragazzo si è poi scritto alla Facoltà di Filosofia dell’Università di Cosenza. Sarà certamente un gran buon filosofo e Dio sa come e quanto abbiamo bisogno di persone illuminate. La foto era accompagnata dalla “didascalia”: << Questi sono i libri che ha letto solo in estate … li tiene impilati sulla sua scrivania. Devo dire che è la cosa che forse gli ho trasmesso meglio e che mi rende orgoglioso… >>.

Così sono lieto due volte: per l’orgoglio del padre e per il lodevole e qualificato impegno del figlio. Con questo paragrafo 4 voglio rendere onore a tutta la nostra gioventù studiosa e ai genitori che curano questa formazione e lungimiranza. Voglio altresì qui segnalare una diciottenne di Vairano Patenora (Caserta), la quale è ugualmente assai studiosa e cerca di seguire pure lei la voce del cuore e non della tasca.

Infatti, dopo la Maturità Classica, conseguita con il massimo dei voti, sta per iscriversi all’Università di Napoli per diventare “archeologa”. Avrebbe potuto scegliere un corso di laurea per una professione molto redditizia, tuttavia è preparata a maggiori sacrifici, essendo consapevole che i lavori umanistici comportano sofferenze o addirittura supplizi, specialmente economici e di carriere lungamente precarie. Purtroppo abbiamo ancora uno Stato che privilegia i furbi e discrimina coloro i quali, pur con grande merito, tengono alto nel mondo l’onore dell’Italia plurimillenaria. Riaggiusterà il tiro il nuovo Governo???…

5 – SALUTISSIMI

Caro Tito, questa “Lettera n. 423” funge come enunciazione di un’idea-desiderio che venga realizzata a Badolato, in Calabria o altrove l’ipotizzato (INTERNATIONAL) PITTA FESTIVAL, pure perché ciò potrebbe spingere ad un forte impulso economico oltre che socio-culturale e di intrattenimento (specie turistico), come dimostra la ricordata COUS COUS FEST di San Vito Lo Capo in Sicilia. Se vai su internet, puoi notare come alcune pitte (come quella sarda o romagnola) sono commercializzate molto bene e travalicano i confini anche italiani. Fare l’utile ed il dilettevole può essere cosa molto saggia e vantaggiosa per qualsiasi territorio.

Ed è con tale buon augurio che ti saluto, ringraziandoti per questa “n. 423” in attesa di festeggiare, fra una settimana circa, il 4 ottobre 2022 (con la prossima “n. 424”), i dieci anni di queste Lettere!… A presto, quindi. E tanta felicità possibile!

Domenico Lanciano (www.costajonicaweb.it)