Questo è un paese per vecchi


Effetto covid: si scopre che la Calabria conta, ufficialmente 130.000 ultraottantenni; ma c’è chi dice 180.000. Come si spiega, tale divario? Beh, pensate che padre Fiore, nella Calabria Illustrata del 1691 (mia edizione Rubbettino del 1999), avvertiva di non credere ai censimenti calabresi, in quanto manipolati.

Facciamo 155.000? Aggiudicato. È comunque il 10% della popolazione effettivamente abitante. Aggiungete gli ultrasettantenni (tra cui chi scrive), e gli ultrasessantacinquenni, e arriviamo alla conclusione che i due cespiti della Calabria sono le case di riposo e le pensioni.

A proposito: non credo proprio che i vegliardi di cui sopra troverebbero spazio nel De senectute assieme a Fabio Rulliano, Appio Claudio, Catone… vecchissimi, ma arzilli. No, decisamente non è il nostro caso.

Ragazzi, la materia prima di ogni popolo non è l’euro o il petrolio, è il popolo; sono le braccia e le menti e la voglia di vivere tipo Memento Audere Semper. Da ciò si deduce che ci sono vecchi da MAS, e giovanissimi che non valgono un fico secco, soprattutto se a scuola hanno insegnato loro che la depressione è un valore e i depressi sono poeti, invece di quello che la depressione è: una malattia psichica con conseguenze fisiche.

Il depresso non guarda all’avvenire, non crea nulla, a cominciare dai figli. Ed ecco lo spopolamento. È dal 2013 che, anche a Sud, il numero dei morti supera quello dei nati; e perché non nasce nessuno.

La Calabria, del resto, è spopolata senza bisogno di statistiche: basta farsi un giro. Urge reagire, e nel solo modo serio: ripassatevi Lucrezio, libro I, Inno a Venere. Servono, ovviamente, politiche di sostegno; ma serve la voglia di vita e di perpetuare la vita. Altri blateramenti non mi passano nemmeno per l’ultimo neurone in quiescenza.

Chi vive in un luogo, però, ha bisogno di risorse, quindi anche di economia e di servizi. Economia, non soldi: produzione, inventiva, iniziativa, piacere di produrre e vendere e comprare: e fare festa. E cultura, ma, s’intende, con divieto di piagnisteo. I piagnoni, per definizione, non fanno figli, anzi sono morti che camminano in attesa di morire anche anagraficamente.

Prima o poi voteremo per le regionali. L’11 aprile, scordatevelo, o le liste dovrebbero essere pronte tra due settimane, mentre sono tutti ai giochini. Ma qualche che sia la data, voteremo: e, con i nomi che stanno circolando, la depressione è, per dirla con quel Dante di cui in Calabria non gliene frega niente a nessuno nel centenario,

oscura e profonda era e nebulosa,
tanto che, per ficcar lo viso a fondo,
i’ non vi discernea veruna cosa.

A sinistra, si fanno del male da soli, con Irto dalla faccia triste costretto alla candidatura; nel centro(destra), candidati da trangugiare con lo stesso entusiasmo della pillola della pressione.
Con queste premesse, ecco il paese dei vecchi.

Ulderico Nisticò