Rientrato in Italia il boss della ‘ndrangheta Pavigliani


È rientrato in Italia dalla Spagna, dove era stato arrestato ad agosto, Domenico Paviglianiti, 60 anni, ritenuto esponente di spicco della ‘Ndrangheta. Era noto come il ‘il boss dei boss’ ed era latitante dal 2019. Paviglianiti deve ancora scontare 11 anni, 18 mesi e 15 giorni, per i reati di associazione di tipo mafioso, omicidio e associazione finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti.

All’arrivo all’aeroporto di Roma Fiumicino, è stato scortato dal personale del Servizio di cooperazione internazionale della polizia (Scip) della direzione centrale della polizia. Paviglianiti è stato arrestato a Madrid il 3 agosto dalla polizia iberica nell’ambito di una operazione nata dalla cooperazione tra i carabinieri del Nucleo investigativo del comando provinciale di Bologna, coordinati dalla Procura di Bologna, Eurojust e il Servizio di cooperazione internazionale di polizia.

Elemento apicale dell’omonima cosca, attiva nei comuni di San Lorenzo, Bagaladi e Condofuri (Reggio Calabria) con ramificazioni nel Nord Italia e in Sud America, Paviglianiti era latitante dall’ottobre 2019 quando era stato scarcerato, per la seconda volta nel giro di due mesi, sulla base di un calcolo di pena che poi, ha sancito la Cassazione, si è rivelato errato. Tornato in Spagna, dove era stato catturato nel 1996, a inizio agosto è stato bloccato in strada dalla polizia spagnola.

“Durante la perquisizione – ha spiegato il comandante provinciale dei carabinieri di Bologna, il colonnello Rodolfo Santovito – è stato trovato in possesso di 6mila euro in contanti, documenti falsi con una identità portoghese e sei cellulari in un borsello, apparecchi che sono già al vaglio dei carabinieri. Il latitante deve scontare una pena di 11 anni, 8 mesi e 15 giorni di reclusione perché ritenuto responsabile di associazione di tipo mafioso, plurimi omicidi commessi tra gli anni Ottanta e Novanta nell’ambito della guerra di ‘Ndrangheta, tra cui uno perpetrato a Bologna ai danni di un pregiudicato, e associazione finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti”.

Con 168 anni di somma aritmetica tra le varie sentenze di condanna, Paviglianiti venne estradato in Italia nel 1999, le autorità iberiche diedero il via libera a una condizione: una volta trasferito in un penitenziario italiano, non doveva essere sottoposto a una “carcerazione a vita”, visto che all’epoca l’ordinamento spagnolo non prevedeva l’ergastolo.

Ottenuto lo sconto, da ergastolo a 30 anni, a quel punto i suoi difensori rilevarono come a febbraio 2019, dopo 23 anni, tra indulto, liberazione anticipata, era già scontata tutta la pena e ottennero la liberazione dal carcere di Novara, su decisione di un Gip. Ma secondo la Procura, che ha avuto ragione in Cassazione, il calcolo era sbagliato, perché una delle condanne si riferisce a fatti avvenuti dopo l’estradizione e il fine pena sarà nel 2027.