Riflessioni particolari e generali sul discorso di Conte


Il succo del discorso di Conte è che il Governo non può sopravvivere a toppe, ma Lega e 5 stelle devono trovare un accordo stabile su alcuni argomenti in questo momento assai controversi:

– presenza, all’interno dei 5 stelle, di una componente che, per capirci, possiamo definire di sinistra, incarnata in alcune allegre esternazioni di Fico;
– divergenze sulla questione degli stranieri;
– eccessiva prudenza, ancora dei 5 stelle, nei confronti dei lavori pubblici;
– qualche caso di vera o presunta colpevolezza di elementi della Lega, la quale dovrebbe stare attentissima a chi imbarca: soprattutto nel Meridione.

Insomma, Conte è stato chiaro, e certamente non scherza: o si governa senza battibecchi, o si dimette. Conte fa un altro mestiere, e questa è la sua forza.
Vedremo, a breve, come finirà. Intanto, la vicenda mi suggerisce riflessioni non particolari, ma generali. L’assetto istituzionale italiano del 1948 assegna al presidente del Consiglio dei ministri solo poteri di coordinamento, che, a ben vedere, non sono poteri formali, e nemmeno sostanziali, perché dipendono dalle maggioranze parlamentari.
Dal 1944 a oggi si contano, infatti, una settantina di governi, che, con qualche eccezione (Craxi, De Mita, Berlusconi), sono stati tutti di vita non solo cronologicamente breve (“balneari”), ma, quel che conta, politicamente precari. Per fare esempi recenti, in presenza di una forte maggioranza nominale PD, tre governi in cinque anni: Letta, Renzi, Gentiloni.

La storia è vecchia, già nelle degenerazioni dello Statu Albertino del 1848, che, sulla carta, lasciava al re il potere di nominare e dimettere il governo, ma di fatto vide lo strapotere della Camera, mentre diventava sempre più simbolico il Senato; e i governi cadevano come foglie. L’assetto del 1948 ereditò, quasi uguale, lo stesso difetto: il presidente della Repubblica nomina il presidente del Consiglio, ma questo dipende di fatto dai partiti; che a loro volta dipendono dalle correnti interne.

Di riforme si parlò già nell’Ottocento; e, dal 1948, c’è sempre qualcuno che ripropone il tema dei poteri del presidente del Consiglio. Invano, e anche la cosiddetta Seconda repubblica non è stata affatto più stabile della cosiddetta Prima… o della monarchia costituzionale 1848-1922.

La Francia, inventrice, nel 1871, degli assetti partitocratici, e che vide cadere centinaia di governicchi, e che l’Italia del 1848 scopiazzò con la sua carta costituzionale, ha abbandonato questa sbagliata idea, con un assetto almeno semipresidenziale.

La questione delle riforme istituzionali è cruciale per il destino stesso dell’Italia. Vi siete accorti che non ne parla più nessuno?

Ulderico Nisticò


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