…del 30%. Attenti, la pasta, non i diamanti e le vacanze di lusso, il cui rincaro interesserebbe i ricchi, i quali se ne impiperebbero non del 30, ma del 300 e 3000%; invece la pasta più costosa pesa su tutti, e in particolare sui poveri, i quali non mangiano caviale e se la cavano con 100 grammi di spaghetti a testa: oggi, ridotti a 70 grammi, a parità di spesa finanziaria. Il pane è già alle stelle da quando c’è l’euro: circa € 3 il chilo, pari a lire quasi 6.000. La benzina, al servito, ci vuole un mutuo. Le bollette di gas e luce…
I famosissimi e dottissimi economisti dell’Europa Unita sono dunque riusciti in un’operazione capolavoro, forse unica nella storia umana: battere una moneta forte, e creare lo stesso l’inflazione. Finora è stato il contrario, e le monete forti dell’Ottocento e di metà Novecento provocavano la scarsa circolazione, con una spesso persino eccessiva stabilità dei prezzi, deflazione.
È stato osservato che se leggete un romanzo ambientato nel 1815 e uno nel 1915, trovate gli stessi rapporti finanziari. Un momento d’inflazione si ebbe subito dopo il 1918, arrestata, in Italia, dal governo fascista con la Quota 90 del 1926. Per darvi un’idea, le “mille lire al mese” erano un sogno; e ancora nel 1945 mio padre, sottotenente della Muti in RSI, percepiva lo stipendio di 400 lire, che sentiva lauto.
A Sud, purtroppo, le Amlire, stampate in tipografia a vanvera dagli occupanti angloamericani, avevano fatto saltare il valore nominale della moneta. Nel dopoguerra ci fu un momento di stabilità, ma ai tempi di Andreotti, Craxi, Ciampi l’inflazione divenne selvaggia, a piacimento di chi voleva; e con palese intenti demagogici e assistenzialistici e di falso benessere. L’euro doveva arrestare i rincari, e invece, come vedete, è stato il contrario.
Ma la pasta costa perché costa il grano? Ecco le colpe della finanza, e le debolezze dell’economia. Il grano costa di più perché lo importiamo, e, per esempio, non se ne produce più nel Marchesato di Crotone. Ebbene, torniamo a produrne: questa è l’economia, οἰκο-νομία, governo della casa; produrre la ricchezza per poterla distribuire, o, più esattamente, perché si distribuisca da sola.
La moneta, sia essa d’oro sia di latta (da bambini, usavamo i tappi della Locretta: chi se lo ricorda?) è solo la rappresentazione convenzionale delle cose: pecus / pecunia. Se l’euro rappresenta male le cose che dovrebbe bene rappresentare, è un problema suo, e andrebbe urgentemente riformato. E non è un’operazione per burocrati della Commissione europea o vincitori della lotteria del Parlamento di Strasburgo, ma per dei politici di polso…
…se ce ne fossero.
Ulderico Nisticò