Riunione di reduci a Soverato


Il romanzo di Santo Gioffrè, che sta riscuotendo meritato successo, ha dato occasione a una riunione di reduci di opposte barricate dell’ormai lontanissimo Sessantotto. Lontanissimo nel tempo, vero, ma ricordi ancora vivi, e che in qualche modo sono ancora operativi, anche in situazioni oggettive così palesemente diverse.

Nella memoria di chi c’era, tornano episodi che oggi non sarebbero nemmeno pensabili: scontri di pesante violenza tra schieramenti ideologici opposti – estrema sinistra e neofascisti – in cui s’intrecciavano interessi personali e ingerenze mafiose. I relatori non hanno nascosto al pubblico lauree, persino in medicina, ottenute con inganni e con la forza anche fisica da elementi neofascisti o sedicenti tali; come, poco dopo, le famigerate lauree in architettura ottenute a sinistra con buffi esami di gruppo!

E non è mancata la riflessione ironica che entrambe le categorie di furboni hanno poi effettivamente esercitato l’architettura e la medicina, con gli effetti che potete immaginare!
Ma sono emerse le genuine passioni politiche, in tempi in cui, per i giovani, la politica era una fede. Inevitabile la considerazione che i giovani del 2019 appaiono invece del tutto assenti.

Queste contraddizioni sono il contenuto profondo del lavoro di Gioffè, il cui protagonista, che apprendiamo essere reale e da lui conosciuto, è anche, è forse soprattutto un emblema della sociologia calabrese di quegli anni, e in parte di sempre. Nella figura di Enzo convivono in modo conflittuale tre anime: è un brillante studente di medicina; è un militante politico comunista; ed è, tragicamente, erede colpevole vittima di una faida e della legge del sangue.

Una legge che affonda nei secoli della tragedia greca e del ghenos, e che trascende anche l’individuo e il suo personale destino. E per la quale alle donne tocca il triste dovere di far rispettare l’orrenda tradizione.
Un testo, quello di Santo Gioffrè, che insegna, sulla Calabria, molto più di corposi saggi teoretici; e che, mentre narra quel fosco passato, invita a superarlo e a recuperare la convivenza civile. In un concetto si sono ritrovati tutti i relatori: se bande armate possono affrontarsi e uccidere ed essere uccisi, ciò si deve a gravissime e antichissime carenze dello Stato, non esclusa la magistratura.

Anche per questo, e soprattutto per i pregi letterari di narrazione asciutta e convincente, che il romanzo di Santo va letto e meditato.

Ulderico Nisticò


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