San Vito al voto: chi è Gianfranco Macrì, l’accademico candidato a consigliere


Professore di Diritto Pubblico all’Università di Salerno, ritorna in Calabria con il sogno di cambiare il futuro del suo paese: “Immagino una rivoluzione gentile” 

Ancora due settimane di campagna elettorale per decidere chi guiderà il piccolo borgo di San Vito sullo Ionio per i prossimi cinque anni. Ha suscitato particolare interesse giornalistico la candidatura a consigliere comunale del prof. Gianfranco Macrì, associato di Istituzioni di diritto pubblico presso la Facoltà di Scienze Politiche dell’Università degli Studi di Salerno nonché Direttore, presso il Dipartimento di Scienze Politiche, dell’Osservatorio sulla Cooperazione e la Sicurezza nel Mediterraneo. Titoli che qualificano l’elevato e riconosciuto spessore accademico, culturale e professionale di Macrì che, però, un po’ a sorpresa ha deciso di calarsi nell’impegno politico partendo dal gradino più basso: il civico consesso del proprio paese di nascita. Quali, dunque, le ragioni di una scelta che lascia trapelare riflessioni ben più ampie di una semplice “corsa” alla poltrona? Ne abbiamo discusso in questa nostra intervista.

Prof. Macrì, la sua generazione (quella dei laureati degli anni ’90) è un po’ l’emblema delle occasioni perdute della nostra regione. Tante intelligenze che hanno abbandonato la Calabria per affermarsi altrove. Lei, però, ha sempre mantenuto salde le sue radici…

Quella dei ’90 è stata, nelle intenzioni di molti giovani meridionali, una stagione di formazione e di speranza da “restituire” ai propri luoghi di origine, alle proprie famiglie, perché se ne intravedevano le possibilità e perché era forte il desiderio di “completare” un percorso professionale e di vita all’interno dei luoghi di nascita, riscattando gli sforzi e le aspettative dei propri genitori. In parte, quella scommessa è stata vinta, nel senso che moltissimi giovani del Sud hanno tagliato traguardi professionali importanti, affermandosi in diversi campi del sapere e delle professioni. Nello stesso tempo, però, quel desiderio di “ritorno a casa” è svanito, perché la vita non è mai un progetto definito a tavolino e perché la preferenza del lavoro ha determinato distanziamenti dai luoghi di origine colmati, quando è stato possibile, da sporadici rientri e ripetute, quanto sofferte, ripartenze.

Nonostante ciò, questo andirivieni ha comunque tenuto in vita il sogno di sentirsi parte delle proprie comunità di origine, spingendo molti di quei giovani a offrire parte del proprio tempo a progetti di varia natura, specie sul versante della cultura, della salvaguardia delle tradizioni e anche della politica. Personalmente non ho mai reciso completamente il legame col mio paese, San Vito, e con la Calabria, in generale, dato che mia moglie – conosciuta durante gli anni universitari – è di Corigliano-Rossano. Si è trattato però di un rapporto non facile, a volte complesso, ma sempre vivo, immaginato e alimentato attraverso iniziative di vario genere, a volte andate a segno altre volte no.

Oggi, sono coinvolto in qualcosa di importante. Ho accettato di candidarmi alle elezioni amministrative del 20-21 settembre in una lista, “Liberamente”, che è anche un movimento civico, il cui scopo è quello di provare a cambiare il futuro politico e sociale del mio paese. Si tratta di un progetto ambizioso, che mi porta a sognare e nello stesso tempo a misurarmi praticamente con i problemi dell’amministrazione, dopo tanti anni passati a studiare gli aspetti teorici del diritto pubblico. Mi auguro che “LiberaMente” possa vincere le lezioni e che possa iniziare un nuovo corso per San Vito, provando a dare un piccolo contributo a questa rinascita, nella consapevolezza della complessità dei problemi che attanagliano oggi le istituzioni pubbliche, specie quelle delle realtà più piccole e interne, e delle opportunità che le micro-realtà offrono alle persone di fronte alla stagione lunga della crisi economica e della pandemia.

C’è chi ha definito le piccole comunità dell’entroterra la “cassaforte” dei tesori italiani in termini di tradizioni, valori, identità, qualità della vita, opportunità future. Ma si tratta, spesso, di aspirazioni ideali, teoriche, raramente tradotte in pratica. Soprattutto in Calabria…

Parlare di “comunità” non è un’operazione agevole perché il termine si presenta, dal punto di vista analitico, quanto mai astratto e di difficile declinazione, specie dal punto di vista politico. Come giurista le comunità mi interessano innanzitutto sotto il profilo istituzionale. Mi piace osservare – e studiare – come queste si vanno ri-organizzando per meglio rispondere ai bisogni delle persone e delle formazioni sociali, specie in un periodo, come quello attuale, fortemente connotato in termini “emergenziali”. Concordo con Lei sul fatto che, soprattutto le piccole comunità costituiscano una “cassaforte” ricca di gemme preziose (natura, cibo, tradizioni culturali, etc.) che però vanno “prese in carico” in modo scientifico, facendo attenzione a non farsi catturare dal meccanismo della nostalgia fine a sé stessa, della conservazione improduttiva e culturalmente stagnante e provando, invece, a costruire nuove dinamiche sociali sempre più accrescitive dei livelli di benessere sociale ed economico. Per fare questo le amministrazioni devono “cambiare passo”, migliorare le proprie performance in ragione dei problemi, vecchi e nuovi, che i paesi, in particolare quelli più piccoli e isolati, devono affrontare. Una delle questioni più complesse che le micro-realtà come San Vito non possono più rinviare è rappresentata dalla costruzione di modelli di amministrazione capaci di unire il locale al globale, sfruttando le opportunità della modernità per accrescere il livello di risposta ai bisogni delle persone. La c.d. “restanza” rappresenta una sfida avvincente e una opportunità di sviluppo solo se declinata in termini cosmopoliti. Io vedo molte opportunità nei tanti progetti che anche al Sud si stanno avviando – anche grazie ai finanziamenti europei – finalizzati a mettere le comunità di residenza in contatto con il modo. La Calabria è un crogiuolo di sedimenti culturali che chiedono solo di essere riportati in superficie anche con una funzione pedagogica e come radice di riferimento per dare risposte ai problemi della contemporaneità facendo tesoro della nostra storia: migrazioni, nuove forme di economia circolare, imprese solidali, cultura, innovazione. Mi piacerebbe, perciò, che anche San Vito diventasse un laboratorio per sperimentare una bella stagione di buona amministrazione e di opportunità.

La centralità del lavoro rimane il dato essenziale di ogni ragionamento sul futuro dei nostri più piccoli borghi. Come può incidere un amministratore locale su un tema che intreccia mille variabili micro e macroeconomiche?

I dati econometrici a disposizione ci forniscono percentuali negative sul fronte della disoccupazione, aggravate dal combinato disposto della crisi economica con quella pandemica. Su questi dati bisogna porre grande attenzione evitando di incorrere nell’errore di immaginare soluzioni di sola matrice localistica. Bisogna, invece, chiamare in causa la politica, ricostruendo la trafila istituzionale che dal locale porta al sovranazionale (e viceversa) e studiare come partecipare ai programmi di finanziamento che l’Europa mette a disposizione delle realtà nazionali e periferiche, per ridare slancio allo sviluppo economico e arginare opzioni di sola natura assistenzialistica. Senza un sussulto di responsabilità, si rischia di perdere il treno dei nuovi fondi europei, condannando le realtà marginali come San Vito e l’intero territorio circostante alla irrilevanza e al declino. Il Governo sta per varare un vasto piano sul fronte degli investimenti a vantaggio del Mezzogiorno. Occorre, allora, lavorare per essere pronti a non mancare l’appuntamento con questa data, mettendo in campo una leva di amministratori motivati e pronti a investire sulle loro professionalità, stipulando patti di collaborazione con i diversi livelli di governo attraverso i quali passeranno i nuovi finanziamenti e impegnandosi a giocare, da protagonisti, una partita che sarà altamente competitiva e che premierà i soggetti più virtuosi. Questa opportunità servirà, inoltre, a supportare la ripresa delle piccole comunità, anche in sinergia tra loro, portando a soluzione problematiche oramai cronicizzate e a sovvenzionare nuovi progetti legati alla valorizzazione delle tipicità locali. Per questo penso che la parola “organizzazione” sia quella su cui spendere l’impegno maggiore. Una buona organizzazione significa governare al meglio il presente e programmare il futuro per far fronte agli imprevisti e per incoraggiare quanti vorranno sperimentare nuove opportunità nei diversi campi sociali. Sono, perciò, assolutamente convinto che le possibilità che si offrono alle nuove leve di amministratori debbano essere prese in carico con forte senso di responsabilità. Immaginare di governare la complessità del presente secondo modelli di governance che replicano vecchie liturgie del passato (anche nelle forme più deleterie che a volte sconfinano nell’illegalità) significherebbe consegnare il destino di pezzi importanti del nostro Paese all’oblio civile e di cancellare definitivamente la speranza, specie al Sud, che un nuovo domani possa veramente esistere. Personalmente immagino per San Vito un nuovo corso politico-amministrativo, fatto di entusiasmo, voglia di mettersi in gioco, di competenze qualificate da includere all’interno di programmi di lavoro, relazioni e percorsi di cooperazione, nuova centralità del discorso politico finalizzato al bene comune. Non è pensabile vivere di sola nostalgia. Oggi occorre ripartire dalle politiche per il lavoro avendo chiaro il quadro delle regole che sovrintendono il nuovo corso italiano ed europeo. Solo attrezzandosi di conseguenza sarà possibile uscire dalla marginalità, rilanciare il valore delle “periferie”, offrire nuove opportunità di crescita economica. Si tratta di un investimento culturale, prima di tutto, che deve eradicare la cultura del posto fisso, puntare sulla meritocrazia, sulle nuove forme di imprenditorialità, rimettendo al centro la buona amministrazione e la voglia di scommettere sul domani.

Territorio significa anche e soprattutto “comunità”, ovvero recuperare quel confronto vitale, aperto, positivo che è la matrice della relazione del “dare-darsi” insita nell’etimologia stessa della parola “communitas”. Quanto è importante ricucire quel legame, quel senso di appartenenza per orientare il discorso politico nella direzione del bene comune in realtà così piccole come San Vito?

Il lavoro sulle piccole comunità lo trovo molto stimolante, specie se la realtà in questione è rappresentata dal mio paese di origine, San Vito, dove trascorro diversi periodi di soggiorno durante l’anno. Di recente ho avuto la fortuna di fare esperienze all’interno di amministrazioni più complesse – lavorando su questioni particolari legate ad alcune “emergenze” e sulle risposte razionali da dare a temi complessi come quello dei diritti fondamentali – e questo mi ha permesso di confrontarmi con problematiche certamente diverse rispetto a quelle dei piccoli centri ma solo per ragioni di ampiezza territoriale. Questo lavoro mi ha consentito, inoltre, al netto delle differenze di scala (ampiezza territoriale, numero di abitanti, etc.), di verificare come i risultati di una corretta applicazione degli strumenti normativi messi a disposizione di chi amministra un comune possono dare risposte di buona gestione e vantaggi anche in termini occupazionali. La cosa che conta principalmente, quando si parla dei problemi del territorio, è avere chiaro l’entità degli interessi e dei bisogni in campo e le competenze del personale politico e burocratico su cui investire. Una buona sintesi tra questi due livelli di azione, assistita da forme di partecipazione della cittadinanza organizzate in modo razionale, determina economie di scala utili ad ampliare la capacità di risposta senza sprechi di risorse. Per San Vito immagino un futuro fatto di partecipazione, di scelte politiche responsabili e di progettazione. Lavorare per il bene comune richiede consapevolezza delle problematiche da affrontare, abilità tecniche, ma anche passione politica. Nel mio piccolo, per quello che posso, vorrei mettermi al servizio di questo

Come sta affrontando questa campagna elettorale? E le aggiungo: ha, oggettivamente, trovato occasioni per introdurre un’etica politica, un livello di confronto, non limitato al microambito famiglia-vicinato?

Sto affrontando la campagna elettorale a San Vito con grande impegno e amore per il mio paese. Di carattere sono molto pignolo e ho un forte senso delle istituzioni (eredità trasmessami da mio padre). Con questo spirito mi sto approcciando alla competizione. Nello stesso tempo sto vivendo questa esperienza anche con un certo spirito di leggerezza, perché ho trovato un gruppo di persone spensierate, che immaginano per San Vito una “rivoluzione gentile”, fatta di parole “precise”, di contatto umano, di spiegazione del nostro progetto, senza radicalismi o, peggio, toni aggressivi. Le campagne elettorali passano, le amicizie restano, e questa campagna elettorale mi sta offrendo la possibilità di discutere con vecchi amici, di confrontarmi con loro sullo stato attuale del paese e di raccogliere da loro spunti di riflessione in vista di una eventuale esperienza diretta di amministrazione. Mi piacerebbe, da studioso di diritto pubblico, poter lavorare sul fronte della buona amministrazione, migliorare le capacità performative dell’apparato politico-burocratico del mio paese, così da creare buone condizioni di vita pubblica, nel rispetto della legge. Sono convinto che un processo di riforma del genere potrà ridare a San Vito nuova centralità all’interno di un territorio ricco di risorse umane e materiali, i cui effetti positivi non potranno non avere riverberi positivi sulla cittadinanza. Continuo a pensare, infine, che una delle priorità che la nuova amministrazione dovrà coltivare sarà quella del primato dell’etica politica. Questo lo dico osservando il quadro generale del dibattito politico nazionale e anche i riflessi che esso determina su scala locale, dove da tempo la politica non cattura più l’interesse della gente. Solo, perciò, agendo in questi termini – avendo cioè consapevolezza del significato “costituzionale” dell’agire pubblico – si potrà imprimere al futuro di San Vito una direzione di cambiamento diversa e una concreta risoluzione di vecchi e nuovi problemi.

Francesco Pungitore