Sant’Andrea Jonio, nel 2019 la morte di Varano non fu omicidio ma incidente di caccia


La vittima, Bruno Varano

Chiuse le indagini su Pietro Aloise, il 62enne che lo uccise per sbaglio.

Da omicidio volontario con premeditazione, a omicidio colposo. Si alleggerisce l’imputazione per Pietro Aloise, 62 anni, accusato della morte di Bruno Varano, 66 anni, avvenuta la sera del 3 ottobre 2019, durante una battuta di caccia al cinghiale. La Procura di Catanzaro ha chiuso le indagini preliminari a carico di Aloise, assistito dagli avvocati Luigi Aloisio e Vincenzo Ioppoli, derubricando il reato di omicidio volontario, inizialmente contestato, in omicidio colposo.

La tragedia che colpì l’intera comunità andreolese, nella quale Varano, cacciatore provetto, era ampiamente conosciuto, in quanto presidente del circolo locale della caccia “Bruno Pistualu” e consigliere provinciale di Federcaccia, si consumò nella zona montana del comune di Sant’Andrea, in località “Briga”.

Secondo quanto ricostruito dai Carabinieri della Stazione di Sant’Andrea e della Compagnia di Soverato, quel giorno Varano, assieme a una squadra di cacciatori, aveva partecipato a una battuta di caccia al cinghiale, al termine della quale aveva fatto regolarmente rientro a casa. Qualche tempo dopo, però, all’imbrunire, Varano tornò in montagna, a seguito di una telefonata ricevuta da Aloise, che aveva chiesto il suo aiuto per catturare un cinghiale.

L’aiuto al collega cacciatore gli fu, però, fatale, perché mentre erano impegnati a cacciare l’animale, Aloise, nel tentativo di colpire la preda, inciampò, perdendo accidentalmente il controllo del fucile a munizionamento “spezzato” marca Beretta calibro 12, dal quale partì il colpo che attinse Varano tra il collo e la parte destra del torace.

La zona era, infatti, particolarmente impervia e vi erano condizioni di scarsa visibilità, vista anche l’ora. Trafitto dai proiettili, Varano si accasciò a terra e iniziò a perdere molto sangue e, nonostante l’arrivo dei soccorsi e la corsa in ospedale, non fu possibile salvargli la vita. La morte sopraggiunse mentre si trovava ricoverato nel reparto di chirurgia dell’ospedale “Pugliese-Ciaccio” di Catanzaro.

Sin dall’inizio, l’indagato, interrogato dai carabinieri, aveva sostenuto che si fosse trattato di un incidente di caccia e non di omicidio volontario, come sospettato dagli investigatori. “A seguito delle attività difensive svolte da noi legali e dalla Procura – ha spiegato l’avvocato Aloisio – è stata accolta la nostra tesi: incidente”.