Schiarita sulla incompatibilità nei concorsi pubblici con una sentenza del Cds 2020


Arriva una schiarita nella nebbia delle incompatibilità nei pubblici concorsi, questione assai spinosa della nostra giurisprudenza. Una questione che negli ultimi anni è stata al centro di numerosissimi ricorsi amministrativi incentrati proprio sulla illegittimità della composizione delle Commissioni esaminatrici.
Un caso eclatante è quello del concorso per dirigenti scolastici 2017, annullato dal Tar Lazio, il 2 luglio 2019, per la presunta incompatibilità di tre membri di commissione (unica doglianza accolta su undici eccezioni proposte dai ricorrenti).

Uno dei tre personaggi “incriminati” è Angelo Marcucci, ritenuto incompatibile per via del suo ruolo di sindaco (di Alvignano), il quale, tuttavia, non si ritiene affatto incompatibile, alla luce dei chiarimenti forniti proprio dal CdS sulla differenza esistente tra carica politica e carica amministrativa.
Orbene, questa sentenza del Tar Lazio ha dato la stura ad una polemica infinita nel mondo della scuola. Per non parlare dei numerosi tentativi di “sanatoria” cavalcati da comitati di ricorrenti che, mentre da un parte sventolano la bandiera della trasparenza e della partecipazione, dall’altra chiedono alla politica di poter essere ripescati nei ruoli dirigenziali, in cambio della cessazione del conflitto. Compreso l’ultimo emendamento al vaglio del Parlamento mirato a rimettere in gioco i candidati inidonei ricorrenti del concorso 2017 e di altre precedenti selezioni.

Una soluzione mal vista da molti vincitori di concorso, i quali, al contrario, attendono la sentenza del CdS, speranzosi (e convinti) che nel secondo grado di giudizio sarà riconosciuta la regolarità del loro concorso. Per questo motivo molti sono contrari all’emendamento, che viene fatto passare da qualcuno come un’opera di bene a favore dei vincitori e dello Stato, al fine di prevenire un possibile disastro al CdS, in caso di conferma della sentenza di annullamento.

Peccato, però, che per gli onesti vincitori del concorso a preside, al danno dell’annullamento si aggiungerebbe pure la beffa. La beffa di veder violato il diritto ad una sentenza definitiva e, per di più, di dover pure ringraziare per questo. Com’ è possibile che si impedisca alla giustizia di fare il proprio corso, con una preventiva sanatoria salva-tutti?
Ma, la vera domanda che molti si stanno facendo in questi mesi è la seguente. Quante probabilità ci sono, reamente, che il Consiglio di Stato confermi l’annullamento voluto dal Tar Lazio? Domanda che, volendo, si può girare in senso inverso: qual è la probabilità che il CdS riformi la sentenza del Tar Lazio?
Naturalmente, per poter avere una risposta, si dovrebbe attendere l’udienza di ottobre, a meno di nuovi rinvii. Ma, allo stato attuale, l’orientamento del CdS, sulla questione dell’incompatibilità, appare evidente in una recente sentenza del 2020, con cui il massimo organo di giustizia amministrativa riforma una sentenza del Tar Puglia, di annullamento di un concorso regionale per l’accesso alla dirigenza sanitaria.
La notizia viene così riportata dal quotidianoentilocali.ilsole24ore.com.

“Dopo anni caratterizzati da concorsi pubblici indetti con il contagocce, le pubbliche amministrazioni sembrano vivere oggi una nuova fase. La necessità di rinforzare gli organici, ormai all’osso per effetto delle diverse uscite per pensionamenti (non solo per «Quota 100»), ha indotto tantissime amministrazioni ad avviare diverse procedure concorsuali. Procedure concorsuali che dovrebbero aumentare negli enti locali (almeno quelli virtuosi) una volta pubblicato in Gazzetta ufficiale il decreto attuativo del Dl 34/2019 (si veda Il Quotidiano degli enti locali e della Pa del 31 gennaio 2020).

È in questo contesto che diventa fondamentale per gli enti gestire correttamente tutte le fasi procedurali dei concorsi per evitare che inutili contenziosi possano produrre l’effetto di allungare i tempi per reclutamento dei neo assunti. E in queste fasi non può non essere posta particolare attenzione alla nomina delle commissioni giudicatrici. Utili indicazioni in questo senso sono contenute nella sentenza del Consiglio di Stato n. 796/202”.
Nella suddetta sentenza, il CdS ha ribaltato ribalta la decisione del Tar Puglia, che accoglieva un ricorso basato, appunto, sull’incompatibilità di alcuni membri di commissione.
Nella fattispecie, si contestava, oltre ad alcune modalità valutative, anche la presenza, tra i candidati, di tre collaboratori di un commissario, risultati vincitori di concorso, e si puntava il dito contro un dirigente sindacale della Basilicata, membro di commissione.

Ebbene, il CdS, in sede giurisdizionale (Sezione Terza) riforma la sentenza appellata, respingendo il ricorso introduttivo del giudizio di primo grado.
Molto significativo è un passaggio della sentenza, in cui il CdS, a proposito del sindacalista, afferma: “Dalla disamina della giurisprudenza citata si evince quindi che il vulnus potenzialmente arrecato al principio di imparzialità dalla partecipazione alle commissioni di concorso dei titolari di cariche politiche/sindacali non è ancorato alla mera posizione/qualifica soggettiva degli stessi, ma alla possibilità garantita dalla carica posseduta, di influire, nell’esercizio dei poteri a quella connessi sulla attività dell’Ente che indice la selezione”.

Mentre, riguardo al rapporto di collaborazione tra commissario e candidati, il CdS ritiene che:“Ad abundantiam (…) a dimostrazione del fatto che i rapporti suindicati non hanno esplicato alcun effetto sull’esito del concorso, almeno quattro concorrenti che hanno lavorato come interni presso il laboratorio dell’UOC diretta dal dott. A. non hanno superato la prova scritta, mentre la stessa ricorrente in primo grado, a sua volta, ha svolto il tirocinio della specializzazione nel suddetto laboratorio”.
Ecco il link per leggere la sentenza.