Scoperto un Pantheon in Calabria?


Alla cortese attenzione della Prof. Marina De Franceschini
Oggetto: Monastero di S. Elia Vecchio a Curinga, CZ, Calabria

Gentilissima Signora,

piantinaDomenica 29 maggio 2016 ho visitato Curinga, vicinissima a Lamezia, e il vicino monastero di S. Elia. La prima cosa che mi colpì fu la forma simile a quella del Pantheon di Roma, un cubo sul quale spunta la cupola, aperta al centro con un ocello. La dotta guida de Prof. Pietro Monteleone assicurava che alcuni esperti parlavano di struttura costruita intorno al 1500, ma la cosa non mi convince perché in Calabria, terra di monachesimo basiliano, simili cupole non esistono, mentre ci sono esempi di cupolette cilindriche alla maniera greca, come si può ancora vedere nella Cattolica di Stilo. Si ipotizzava allora che un monaco aveva frequentato l’Armenia, dove cupole simili esisterebbero. Sono rimasto colpito anche dalla simbologia dei tre gradini sulla porta di ingresso, come nel Pantheon, se ricordo bene. E poi l’arco sopra l’ingresso che, anche se murato in seguito, è integro e ben visibile. Si voleva creare l’arco di luce su chi entrava? Così Lei scrive nella dotta e puntuale relazione sul Pantheon che ho letto, ed è il motivo per cui mi rivolgo a Lei. Ma l’ingresso nel nostro caso sarebbe a sud…

Io sono lo scolarca della Nuova Scuola Pitagorica di Crotone che risorge dopo venticinque secoli e sarà ufficialmente inaugurata in agosto di quest’anno. La zona di Curinga fu nel passato magnogreco colonia di Crotone con Terina e Temesa. Ipotizzo pertanto che la dottrina pitagorica possa essere sopravvissuta e aver ispirato quel manufatto, come ispirò a Roma il Pantheon e la Basilica Sotterranea di Porta Maggiore. La data del manufatto andrebbe allora spostata di più di mille anni all’indietro… La presenza di popolazione magnogreca è comunque confermata dalla vicina sorgente chiamata Vrisi, antica parola greca che significa sorgente, sita poco distante dal monastero vicino all’immenso platano, forse il più grande esistente al mondo. Un altro indizio pitagorico potrebbe essere, all’ingresso del paese, il gigantesco pioppo nero pluricentenario. Le foglie di pioppo nero erano usate dai pitagorici per coprire i morti prima di inumarli. Nella foto che io ho preso di S. Elia, il disco solare allungato si proiettava sulla parete nord, e mi chiedo dove potrebbe trovarsi al solstizio di giugno.
Ovviamente il manufatto fu in seguito inglobato in un monastero, prima basiliano e poi carmelitano, oggi in rovina.

Nella stessa area sorgono le rovine delle terme romane di fine fattura e ben conservate. Il centro quindi aveva già nel passato molta importanza.

Il motivo di questo appello a Lei è perché Lei ci dia un parere, meglio ancora un aiuto, a ricostruire con l’archeologia la storia di una identità perduta, ma non per sempre. Se ci sono rilievi o verifiche da fare il loco, ci consideri a Sua completa disposizione, come anche se volesse venire di persona.

Con i migliori saluti.
Salvatore Mongiardo


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