Secondo le prove Invalsi, la scuola di Calabria è ultima in matematica e italiano. Di matematica non oso parlare, ma di italiano me ne intendo un poco. Cosa vuol dire che un ragazzo calabrese è “come se avesse due anni di scuola di meno” del Nord?
Secondo me, non è che il calabro ignori che il Foscolo morì nel 1827, Leopardi dieci anni dopo, Manzoni vecchissimo nel 1873; magari non sa molto del Campanella, però le nozioni del libro le conosce esattamente come il coetaneo di Vigevano; le ripete con ordine; se le dovrà ripetere all’università, studiando Lettere, si laureerà con 110 e lode e bacio in fronte. E allora?
E allora succede che conferirebbe lo stesso con ottimo esito in francese, inglese, tedesco, e, oggi, cinese, laureandosi in lingue straniere. Tra le lingue straniere, c’è l’italiano? L’italiano lingua nazionale, e l’italiano linguaggio di cultura e di conversazione e di barzellette e di tifo calcistico… Secondo me, non è che sconosca il trapassato remoto e il congiuntivo, è che continuerà a credere, vita natural durante, che il congiuntivo si usi nel tema e mai nella vita quotidiana.
E continuerà a pensare in calabrese… no, perché non esiste un dialetto calabrese, ma varie centinaia di dialetti locali, a pensare dunque in dialetto, traducendo… no, translitterando in italiano nel senso di parole che finiscono in o e non in u; ipercorrettismi a parte.
Concludo che supereremo il divario non quando il ragazzo saprà se Dante scrisse o meno il Fiore, ma se, recatosi allo stadio e volendo inveire contro l’arbitro, sarà capace di insinuare pessime abitudini della di lui consorte, però in ottimo italiano.
Ulderico Nisticò