Serve una ventata di ottimismo


 Vi siete accorti che quasi tutti gli intellettuali ufficiali e politicamente corretti hanno una faccia da funerale, e fanno discorsi da “Terque quaterque… ”: ve lo spiego in privato. E più è triste il loro piagnisteo, più premi letterari vincono e più pigliano cittadinanze onorari€.

Il messaggio che circola, o esplicitamente o tra le righe e nel tono, con particolare riferimento ai temi in classe e ai “progetti”, è che la miseria dilaga, la fame è di regola, le guerre sono infinite, l’umanità sta per estinguersi…

E non vi dico le disgrazie che causerà l’Intelligenza Artificiale! A proposito, ultimamente i più fantasiosi avevano tirato fuori Malachia e l’Apocalisse in persona. E invece siamo tutti ancora vivi, e la Valle di Giosafatte è rinviata ai prossimi millenni: ahahahah!

Si vede che gli intellettuali ignorano (voce del verbo ignorare) la storia umana. Le due guerre in atto, quella sul Don e quella in Terra Santa, sono certamente cose brutte; ma paiono una scazzottata da film western al confronto della Prima guerra mondiale (1914-8) e Seconda (1939-45), combattute non da tribù di cannibali in sperdute lande, bensì in pienissima Europa. Attenti alle date.

L’estinzione dell’uomo, argomento privilegiato dei temi in classe? Siamo nove miliardi (9.000.000.000); e prima di estinguere nove miliardi, anche a dieci minuti per ogni singolo morto…

La fame? Ovviamente, gli intellettuali iettatori sostengono che tale stato d’inedia riguarda almeno otto miliardi e mezzo su nove (e giù cittadinanze onorarie); e invece sono rimaste pochissime aree del mondo a soffrire di estremo bisogno; e non per vere e presunte questioni sociali e politiche, ma perché sono aree desertiche o comunque ben poco ospitali.

L’India, dove la fame era di casa nei millenni, è il Paese più popoloso del mondo, gareggiando con l’altra terra nei secoli affamata, la Cina. Spiegazione: nel passato, era scarsa e precaria la produzione di beni; oggi la tecnologia, la cattivissima tecnologia, ha moltiplicato alle stelle la produzione; e i beni prodotti in qualche modo si distribuiscono.

Pessima cosa la violenza privata, e così quella contro le donne: dico quella accertata, non le signore vecchie che accusano il vicino di casa di semisecolare “stalking” adolescenziale. Pessima cosa, ma si vede che non si conoscono le cronache dei paeselli e delle casette, dove succedeva di tutto…

L’inquinamento? Secondo voi nei secoli passati dove mettevano i rifiuti in genere e quelli organici, umani inclusi? Avete indovinato: per strada. Passati secoli, si fa per dire.

Concludo queste note buttate giù in fretta. Urge combattere i gufi, le cornacchie, i barbagianni e corvi della cultura ufficiale, a cominciare proprio dai libri di testo della scuola. Qualche mio collega si pigli il disturbo di spiegare ai ragazzi che Renzo e Lucia passano sì dei guai, però alla fine si sposano. Auguri, ma questo è niente: grazie a parecchio denaro accumulato da donazioni di innominato, vedova e parente buono del defunto Rodrigo, comprano un filatoio e diventano industriali.

Serve un’ondata di ottimismo; ragionevole ma ottimismo; servono facce non stupidamente ridenti ma lietamente sorridenti, cioè le facce di quelli che conoscono le difficoltà della vita e le sanno affrontare e superare, anzi se le cercano: l’io pone il non-io per celebrare la propria libertà, insegna Fichte. Ultimamente ho visto in tv un sorriso serio, di quelli che mi piacciono.

Ulderico Nisticò