Serve un’etica di internet


internet2Internet è come la piazza moltiplicata per molti milioni: s’incontrano, in genere, tante brave persone anonime, però anche cani randagi e gente fastidiosa e tagliaborse e lo scemo del villaggio. Detto in generale, la piazza dei vecchi paesi aveva una sua etica e alcune regole non scritte ma solide: – Orario, o durante il mercato o alla fine della giornata lavorativa; e chi bighellonava in piazza veniva considerato o uno sfaccendato o un poco di buono; – Gruppi: per consuetudine, i Tali si riunivano in un angolo e i Talaltri in un altro eccetera; e, di solito, i gruppi non comunicavano molto tra loro, ma si poteva parlare con chi capitasse; – Argomenti di discussione, i più vari, non esclusi i pettegolezzi più o meno fondati; – Pubblicizzazione di decreti, bandi o altri eventi di pubblico interesse; – Controllo dell’ordine legale e di quello di fatto, tenendosi a bada gli indesiderati. Per la sua natura di spontaneità, la piazza seguiva sì queste regole ma con diverse eccezioni dettate dalle circostanze, quali momenti di festa o raduni straordinari o tumulti. Il paragone con internet, grosso modo, regge: orari di lavoro quando internet si usa per affari; di non lavoro, per i social; scambi di idee e pettegolezzi; rapporti o duraturi o estemporanei; e scocciatori e persone fastidiose o pericolose. Internet, a differenza della piazza antica, non ha ancora un’etica e delle regole definite; e non può averle, perché troppo giovane e troppo libera. Che sia libera, è inevitabile: ci vorrebbero milioni di controllori per tenere a bada milioni di utenti; e poi, “chi custodirà i custodi?”; e lascio immaginare gli spazi di arbitrio… Allora accadono i casi abnormi delle recenti cronache (settembre 2016). Attenti, però, sono evenienze statisticamente irrilevanti rispetto all’immane numero di utenti, i quali, con rarissime eccezioni, stanno acquistando una capacità di autoregolarsi o ne sono costretti. Io ho creato i seguenti gruppi: Alternativa Calabrese, riservato a pochi miei più o meno camerati, e tratto alcuni argomenti e non altri; Storia del Regno Meridionale, per questioni legate soprattutto alla storia politica del Regno di Napoli poi Due Sicilie; Facta mundi, per storia generale ma nel senso di storia e non di discorsi a ruota libera; e Calabria Spigolature su ogni argomento regionale anche di attualità; più alcuni gruppi chiusi di natura tecnica. Aderisco a vari altri, tra cui gruppi di classicisti. Per evitare polemiche vaghe, fermiamoci qui, ai classicisti. Se io pubblico un post, per esempio, sulla baritonesi nel dialetto eolico, posso succedere due cose: qualche collega può intervenire facendo notare che la baritonesi agisce su verbi e sostantivi (làbon e non labòn), ma non in perì. Io lo so, però la precisazione non guasta, e io rispondo eccetera. E sarò eternamente grato alla giovane collega la quale mi ha insegnato che Archimede non disse hèureka bensì, in siracusano, heurèko. Fatti tecnici, professionali. Se invece interviene lo sprovveduto per cui heurèko è arabo, e baritonesi non sa che è, e sproloquia sui valori morali dei Greci e altre parole a ruota libera da temino copiato, ma non entra in argomento, allora succede che resta sulla pagina uno o due giorni, poi si accorge che ci sta male come un cane in chiesa, e se ne va. Ecco un esempio di selezione naturale e quasi di autoregolamentazione di internet. Qualcuno è più ostinato, e dura una settimana; soprattutto se si parla di storia: un argomento che oggi è come il calcio quando tutti gli Italiani erano allenatori della Nazionale. Ma una settimana, un mese… Altro discorso, se, come accade, leggo, ripetutamente, una frase idiota attribuita al sommo Vico in evidente contraddizione con il pensiero da lui molto chiaramente espresso nel De antiquissima… E qui mi adiro, ma il Vico è morto dal 1744. Quando leggo frasi palesemente false e attribuite a viventi e operanti, e persone note e di buona fama, il cui nome viene adoperato per dimostrare elucubrazioni su cui mai sono nemmeno intervenuti, allora non siamo alla piazza e allo scemo del villaggio, ma di fronte a un reato, anzi a un bel po’ di reati molto gravi. Se qualcuno scrivesse “Federico II giocava a carte con Dante Alighieri”, firmato Ulderico Nisticò con mia foto, sarebbe un’eresia non perché il sommo poeta e il grande e contradditorio Svevo non sarebbero stati capacissimi di scommettere una cena a tresette, ma perché le carte allora non erano così diffuse; e soprattutto perché Federico morì tre lustri prima della nascita dell’Alighieri. Perciò attribuirmi un tale pensiero sarebbe un oggettivo danno d’immagine e professionale. Io dovrei querelare l’indecente autore della falsità, pagare l’avvocato, e, con i tempi della nostra amata magistratura, ottenere giustizia tra un secolo. Intanto quello continua, e scrive “il perfetto congiuntivo latino si forma dal gerundio”, firmato UN, e giù altra querela, altre spese e altro secolo. Serve una funzione immediata di tutela: se io segnalo che il decesso di Federico accadde nel 1250 e la nascita di Dante nel 1265, il social deve immediatamente “bannare” il post assurdo e per me dannoso; e minacciare l’incauto di “banno” a vita se ripete il “reato”; dico reato interno al social, che il social ha tutto il diritto e tutto il dovere e tutti gli strumenti per reprimere.

Ulderico Nisticò


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