Sì, ma non basta


A testa bassa

Il sì ha stravinto, e in Calabria più che nel resto d’Italia: segno che i calabri politicanti sono anche peggio di altrove; e i Calabresi li considerano solo mangiapane a ufo.
Ho votato sì, io, a testa bassa, come il toro degli Italici nel 91 aC. E tanto più che fior di intellettualoni e giuristi e senatori a vita strillavano a far votare di no. Ho votato sì, e voterei sì altre 666 volte.

Ciò premesso, sarebbe ora di aprire una discussione seria sul concetto di rappresentanza, e le sue modalità. Sarebbe interessante, e magari utile, che qualcuno rispondesse, magari restando nell’argomento, ed evitando frasi fatte varie. Io la penso così:

– Attenzione, non sto proponendo una “riforma costituzionale”; e, a questo proposito, cito il Machiavelli, quello vero: “Molti hanno immaginato repubbliche e principati che mai non furono”; e ricordo a chi non lo sapesse che tutte le costituzioni scritte del mondo moderno derivano da una costituzione che non esiste, quella inglese, poi britannica.
– Il “cartismo” è un portato dell’Ottocento; per fare un esempio famoso, la Francia, dal 1789, ha cambiato le seguenti istituzioni, tutte supportate da carte costituzionali: monarchia costituzionale; repubblica costituzionale; repubblica consolare e impero costituzionale, ma di fatto monarchia militare; monarchia costituzionale reazionaria; monarchia costituzionale liberale; repubblica costituzionale; repubblica e impero dittatoriali; impero costituzionale; terza, quarta repubblica parlamentari; quinta presidenziale. Come vedete, una carta non garantisce un bel niente.
– Le carte, del resto, sono scritte in un determinato anno, e con un determinato linguaggio, il che le rende obsolete dopo un altro periodo. Nella vigente in Italia, per esempio, si afferma che esistono le razze: tutte uguali, dice l’art. 3, ma esistono! Che aspettano, ad accusarla di razzismo, o almeno a cambiare l’articolo? Macché: tutto il linguaggio è quello del 1946.
– Non voglio dunque una nuova carta; anzi, non voglio una carta.
– Voglio un presidente (a re, andiamo scarsi) con ampi poteri, e che nomini governo e ministri.
– Voglio una camera politica di un centinaio di membri, che si riunisca tre volte l’anno (assetto della Cecoslovacchia, 1920), e deliberi leggi di carattere generale.
– Voglio che i membri siano eletti con il maggioritario secco: chi ha un voto in più, vince (Gran Bretagna, dai tempi dei Sassoni).
– Voglio una camera corporativa, in rappresentanza delle realtà comunitarie e sociali (Reggenza del Carnaro di d’Annunzio, 1919).
– Voglio camere con funzioni nettamente differenziate.
– Voglio che i rappresentanti delle due camere siano compensati del lucro cessante; e affrancati da ogni spesa. E basta.
– Lo stesso ordinamento, per gli enti locali e comunali. Questi, siano di almeno 20.000 anime.

Attenzione, queste sono forme. Niente può creare la sostanza, se la sostanza non c’è. Attualmente, gli innumerevoli partiti italiani, e in mezzo a loro le correnti, ne sono privi: non hanno, e non si curano di avere, una fede, un mito, un’idea… e nemmeno una scalcinata ideologia; sono solo liste elettorali. Se con un elettore di uno di loro, e di centro(destra) in specie, provate a parlare di politica, vi guardano come foste marziani. Se idee non ce ne sono, non le impone certo la legge; tanto meno una costituzione.

Ulderico Nisticò