Si leva la voce dei primi cittadini italiani per una transizione energetica ecologica e democratica
Nel contesto autoritario nazionale e internazionale che si è creato i movimenti finanziari globali (la cosiddetta “volontà dei mercati”) determinano le decisioni dei governi e le leggi dei parlamenti.
La transizione energetica si è avviata in Italia impedendo alle comunità locali da noi rappresentate di incidere sull’ubicazione degli impianti per la produzione di energia rinnovabile e su altri aspetti connessi, in grado di pregiudicare i già fragili equilibri dell’ambiente di insediamento delle nostre popolazioni.
La nostra osservazione comune è che ci troviamo nello stesso tempo di fronte a un sintomo e a una causa di aggravamento della crisi del sistema democratico.
Per scongiurare la sindrome nimby, da tanti commentatori evocata e demonizzata quando danno conto delle diffuse proteste territoriali, la transizione energetica deve essere giusta, incardinata dentro percorsi politici e democratici e non può essere attuata in palese violazione del dettato costituzionale .
Grazie al rinnovato articolo 9 della Carta fondamentale, del patto fondativo che dal 1948 unisce gli italiani, la Repubblica tutela il paesaggio, gli ecosistemi e la biodiversità anche nell’interesse delle future generazioni. Nessun principio costituzionale può essere sacrificato per realizzarne un altro o, men che meno, per perseguire un contingente “prioritario interesse nazionale”: i singoli valori espressi e tutelati dalle disposizioni della Costituzione sono tutti assoluti e dello stesso rango, all’interno di un impianto complessivo orientato a promuovere la dignità della persona umana nel suo contesto ecologico e sociale.
Le leggi vigenti in materia energetica invece puntano a massimizzare i guadagni di un settore economico privato a scapito tra l’altro dei soldi versati al fisco dai cittadini.
Noi sindaci chiediamo, interpretando la volontà del tessuto sociale dei luoghi da noi amministrati, che la produzione e la distribuzione dell’energia ridiventino un servizio pubblico essenziale: solo così la produzione energetica da fonti rinnovabili non sarà più insostenibile e non aggredirà il patrio suolo (con la sua funzione di fondamentale regolatore climatico), gli ecosistemi, la biodiversità e il paesaggio.
Solo enti pubblici collettivi, rappresentando l’interesse generale, potranno dedicarsi all’indispensabile passaggio dalle fonti fossili alle rinnovabili con interventi finalizzati alla riduzione degli sprechi energetici e all’utilizzazione in via primaria di suoli già consumati in tutta la nazione per l’ubicazione degli impianti (9000 chilometri quadrati secondo l’ISPRA, una superficie grande quanto l’Umbria occupata da infrastrutture dismesse, capannoni agricoli e industriali, cave e miniere in disuso etc., grazie alla quale si potrebbero abbondantemente superare gli 80 GigaWatt da raggiungere entro il 2030).
I territori sono prima di tutto gli ambienti vitali di chi li abita, e non possono trasformarsi in zone di sacrificio assegnate alla monocultura energetica: devono essere vissuti dagli allevatori, dagli agricoltori, dagli apicoltori, da chi costruisce giorno per giorno un rapporto spirituale ed emotivo con il paesaggio, dagli operatori turistici, dai pescatori, insomma da tutte le categorie che noi rappresentiamo.
La crisi ecologica deve essere un’occasione per passare a una fase più avanzata della civiltà umana, per uscire tutti insieme da un dramma con un cambiamento di rotta, non un’ulteriore opportunità di guadagno per pochi nel solco già tracciato da un’economia anti ecologica, votata alla distruzione della vita e della bellezza del mondo.
Giulio Santopolo, sindaco di Petrizzi (Catanzaro);
Domenico Stranieri, sindaco di Sant’Agata del Bianco (Reggio Calabria);
Michele Conía, sindaco di Cinquefrondi (Reggio Calabria) e consigliere della Città Metropolitana di Reggio Calabria ;
Giuseppe Nicola Cusato, sindaco di Agnana Calabra (Reggio Calabria);
Luca Alessandro, sindaco di Polìa (Vibo Valentia);
Angelo D’Angelis, sindaco di Serrata (Reggio Calabria);
Maurizio Onnis , sindaco di Villanovaforru (Sud Sardegna);
Mario Gentile, sindaco di Stalettì (Catanzaro);
Domenico Penna, sindaco di Roccaforte del Greco (Reggio Calabria);
Michele Tripodi, sindaco di Polistena (Reggio Calabria);
Giacomo Lombardo, sindaco di Ostana (Cuneo);
Giuseppe Alfarano, sindaco di Camini (Reggio Calabria);
Domenico Finiguerra, sindaco di Cassinetta di Lugagnano (Milano) e consigliere Metropolitano della città di Milano;
Daniela Arfuso, sindaco di Cardeto (Reggio Calabria);
Luca Lepore, sindaco di Aiello (Cosenza);
Nicola Fiorita, sindaco di Catanzaro;
Antonio Giacomo Lampasi, sindaco di Monterosso Calabro (Vibo Valentia);
Danilo Staglianò, sindaco di Cardinale (Catanzaro);
Alfredo Barillari, sindaco di Serra San Bruno (Vibo Valentia);
Mimmo Donato, sindaco di Chiaravalle centrale (Catanzaro);
Raffaella Perri, sindaco di Decollatura (Catanzaro);
Rossana Tassone, sindaco di Brognaturo (Vibo Valentia);
Vito Bruno Roti, sindaco di Torre di Ruggiero (Catanzaro);
Gregorio Gallello, sindaco di Gasperina (Catanzaro);
Mimmo Lucano, sindaco di Riace (Reggio Calabria);
Daniele Vacca, sindaco di Soverato (Catanzaro);
Massimiliano Chiaravalloti, sindaco di Satriano (Catanzaro);
Francesco Severino, sindaco di Santa Caterina dello Jonio (Catanzaro);
Domenico Lo Polito, sindaco di Castrovillari (Cosenza);
Francesco Angilletta, sindaco di Mongiana (Vibo Valentia);