Soverato nel cinema


Soverato è stata la location cinematografica principale di tre film che hanno in comune un aspetto essenziale: la mescolanza di mondo arcaico e di mondo moderno. Lasciando da parte in questo contesto il cortometraggio Se una notte d’inverno un viaggiatore e il film Si sente che sono calabrese? anch’essi girati a Soverato, cominciamo con UNA RETE PIENA DI SABBIA (1966) di Elio Ruffo.

C’è una Calabria tradizionale, quella dell’aristocrazia terriera, della baronia, e c’è l’imporsi sulla scena sociale del “nuovo” rappresentato dalla ‘ndrangheta con i suoi metodi coercitivi, le cooperative dei pescatori, l’ambizione calcistica, la promozione turistica attraverso i media.

In UNA RETE PIENA DI SABBIA giunge a Soverato il regista Ennio De Roberti a cui è stato commissionato dai baroni Cafasi un documentario convinti che dal filmato quella parte di Calabria “ne avrebbe tratto un utile economico e sociale e che il futuro sviluppo turistico avrebbe prodotto un enorme benessere, ponendo fine all’emigrazione”. Don Ilario Cafasi ha già comprato il voto dei pescatori di Soverato anticipando loro attraverso la banca di cui è presidente, il denaro necessario per la costituzione di una cooperativa di pesca e dietro il rilascio di cambiali.

Ai pescatori viene fatto credere che le cambiali servano solo a giustificare l’uscita di danaro dalla banca e che loro non devono restituirlo. Tra i pescatori c’è Rocco, interpretato da Ettore Garofalo, che ha spiccate qualità di calciatore e potrebbe diventare un campione. Don Fefè, capomafia della zona, vuole mantenere il controllo del territorio e vede nella vittoria elettorale del baroncino Don Ilario il modo per poter rafforzare la sua posizione di capomafia.

Il suo obiettivo è quello di creare un’alleanza con la baronessa madre facendo però dipendere la vittoria elettorale di Don Ilario dal suo provvidenziale intervento di capomafia sugli elettori. Per fare questo fa minacciare i pescatori obbligandoli a vendere a prezzo bassissimo e solo alla mafia tutto il pescato. Così facendo i pescatori vengono messi in seria difficoltà perché non riescono più a vendere il loro pesce e a non avere il danaro necessario per andare avanti. Rocco si ribella ma verrà punito dalla mafia che lo fa uccidere.

Ancora Soverato (e poi anche Squillace e Davoli) è il set del film ANGELA COME TE (1987) di Anna Brasi con Barbara De Rossi e Antonella Ponziani. Angela una bionda trentenne in un periodo di insicurezza, lascia in auto Milano dove lavora per tornarsene in Calabria, dove è nata e dove vive ancora il padre nella propria casa. Dà un passaggio a una bruna ventenne che si chiama Angela come lei. Tanto la prima è matura, colta e un po’ impettita, tanto l’altra è spontanea, vitale e grossolana.

L’ambiente gradevole, i fiori, il mare scintillante, le notti di luna incantano la ex emigrata a contatto con l’irruenza della nuova amica, la quale per motivi di età la considera quasi sua madre. La bionda decide di tornare da sola a Milano; poi ci ripensa: consegna alla bruna l’automobile e le chiavi dell’alloggio a Milano, affinché la ragazza possa partire (come lei stessa aveva fatto dieci anni prima), e fare in piena autonomia altre e più valide esperienze di vita.

Infine, MY LAND (2010) di Maurizio Paparazzo. Nell’accecante e frenetica estate soveratese, torna Pina dopo 35 anni vissuti negli Stati Uniti senza mai rientrare. Cos’è rimasto del mondo che aveva lasciato? Quell’aristocrazia terriera, presente in UNA RETE PIENA DI SABBIA, è ormai in via di estinzione. Anzi fa fatica ad andare avanti perché si vede pignorare mobili e quadri per sopravvivere.

La nuova realtà in cui Pina s’imbatte è costituita, almeno sullo strato più superficiale, da una nuova patina generazionale di estetiste, di wedding planner, di agronomi, di pittrici, di feste in paese dove si canta e si balla sulle note di “New York New York”, di processioni a mare con potenti motoscafi, di imprenditori turistici che vanno in giro con moto supersoniche, ma dove però sopravvive tenace un certo tradizionalismo religioso e mentale rappresentato dall’indomabile suora. Vincitore al 46^ Festival Internazionale del Film Turistico di Lecce nel 2010 come Miglior Film Fuori Concorso.

Maurizio Paparazzo