Soverato: Vendesi fittasi cedesi


soveratocorso1 Il dizionario soveratese, già dovizioso di Perle, e recentemente anche di school e summer e roba del genere, da qualche anno si arricchisce di termini quali “vendesi, fittasi, cedesi”, che fanno bella mostra di sé sopra appartamenti e magazzini vuoti, e che vuoti restano per mesi e mesi quando non anni quando non per sempre.

 Una tale profonda analisi sociologica si compie, facilmente, senza ricerche di archivio o che so, ma solo passeggiando per le nostre strade, e leggendo i suddetti cartelli, che sono tanti, tantissimi. Però ne ho visto uno che davvero è un oggetto di interesse archeologico: Fittasi da settembre a giugno! C’è ancora un pollo che spera di affittare in nero l’appartamento per tre mesi. In verità sono parecchie estati che i cartelli “Luglio e agosto” restano appesi invano!

 Il turismo è un po’ di gente in parte d’agosto, nella più tranquilla quiete degli altri undici mesi e rotti.

 Riflettiamo poi sulla diminuzione dell’ospedale e suo precario avvenire; e sulla scomparsa di uffici vari.

 I numeri poi sono impietosi: la popolazione è in calo, e Soverato è la località con il massimo numero di anziani nel territorio.

 Scarsa è divenuta la vita culturale, e basti l’esempio delle ragnatele al Teatro comunale in attesa di ingenti fondi che, tramite una certa persona, ci manderà a Regione: a babbo stramorto.

 La prima tentazione che mi viene è triste, ed è il dantesco “le cittadi lor termine hanno”, e il dubbio malinconico che Soverato abbia concluso il suo ciclo positivo, iniziato verso il 1850 e protrattosi ottimamente fino al 1980, e da allora in lenta crisi e cachessia. Ma siccome non è che i dintorni, e la Calabria in genere, e tutto il resto d’Italia e d’Europa stiano tanto meglio, ma io piango i guai miei e non sposto il problema all’infinito ma lo affronto nel concreto, vediamo se si può fare qualcosa:

  1. Realismo di analisi. Sono pericolose le ondate di ottimismo, e le frasi fatte come “quanta gente… ”; non è vero: certe stradine strette paiono zeppe perché sono strette! E i ragazzi devono pur uscire, sabato sera. Evitiamo dunque il “tout va très bien”, caro a politici e loro amici corrispondenti locali, giacchè non va bene.
  2. Ripensare il commercio: troppi i negozi delle stesse povere cose; per quelle pratiche, si va a Davoli; per quelle buone, ai vari centri commerciali raggiungibili in 5-25-40 minuti. Non faccio nomi.
  3. Smettiamola con i Vitelloni, e puntiamo sul turismo familiare: non siamo vocati per scopiazzare Ibiza e roba del genere, ci manca la mentalità. Grazie a Dio, dico io: non vorrei certo che la mia città diventasse un paradiso delle canne come certe famigerate località di sballo e raduno di subumani decerebrati. E se anche qualcuno lo volesse (quod Deus avertat!), mancano gli spazi. Sempre, grazie a Dio.
  4. Dialogo e dibattito: mancano del tutto i partiti politici, ridotti a sigle e liste raffazzonate; manca ogni seria discussione; e nemmeno gli interessati – operatori turistici e commercianti – dicono una parola, contenti di tirare a campare.

 Esempio? A questo articolo non replicherà nessuno o per confermare o per contraddire: né un politico né un operatore né un sociologo né altra specie di “intellettuale”. Tutti muti.

Ulderico Nisticò


Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *