Ho qualche fiducia che l’Italia stia finalmente facendo politica estera autonoma, dopo decenni di pedissequa sudditanza a qualcuno, e “ce lo chiede l’Europa”. Se è vero come spero e credo, la visita del re di Spagna dovrebbe non essere solo una formalità, bensì l’inizio di un’alleanza.
Filippo (Felipe) VI è re di Spagna dal 2014, per abdicazione del padre Juan Carlos. È un Borbone, e qui occorre una spiegazione. Giovanna, figlia di Ferdinando e Isabella, sposa di Filippo d’Asburgo, regnò fino al 1555 (per noi, Giovanna III), anche se di fatto sotto la reggenza del figlio Carlo, dal 1519 l’imperatore Carlo V. Seguirno gli Asburgo Filippo II, Filippo III, Filippo IV e Carlo II, che morì l’anno 1700 senza eredi; lasciò i suoi tantissimi troni (tra cui Sardegna, Sicilia, Napoli e Milano) al pronipote, il francese Filippo di Borbone, che, dopo le lunghe e sanguinose vicende della Guerra di successione spagnola, venne riconosciuto rex Hispaniarum come Filippo V.
Il Regno di Napoli passò agli Asburgo d’Austria; quello di Sicilia, dopo un periodo dei Savoia, ne seguì le sorti; finché, con la Guerra di successione polacca, e la battaglia di Bitonto, divenne re di Napoli e re di Sicilia (separati) Carlo di Borbone, figlio di Filippo V e della seconda moglie, Elisabetta Farnese duchessa di Parma. I trattati del 1737 riconobbero Carlo sui due troni italiani, ma sancendo il divieto di unione personale con i troni spagnoli, quindi l’indipendenza dei due Regni; o, come si legge sull’Obelisco Carolino di Bitonto, la “libertas Italiae”.
Per morte del fratello Ferdinando VI, Carlo divenne re in Spagna, lasciando i troni italiani al figlio Ferdinando IV a Napoli, III in Sicilia. Lì viene chiamato Carlo III, numerazione con cui, stranamente, viene conosciuto a Napoli, dove non aveva preso alcun numero, e se mai sarebbe stato VII.
Da allora, i rapporti tra Italia e Spagna divennero sempre meno stretti. Successe anzi, anche per evidente propaganda della cultura francese, sempre nazionalistica, un’ondata di mentalità antispagnola, di cui sono palese testimonianza i Promessi Sposi.
Se davvero dobbiamo fare politica estera mediterranea, quindi di rapporti con la Spagna, serve anche un’inversione di mentalità e di cultura. E non è male ricordare che la lingua castigliana, come le altre iberiche, è neolatina, e fortemente influenzata dall’italiano.
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Per quanto riguarda il Meridione, e dicendone solo poco, nel 1442 diviene re di Napoli Alfonso V d’Aragona, che lasciò i suoi tantissimi troni spagnoli, prima di fatto poi, morendo, di diritto, al fratello; e si era fatto in tutto un principe italiano. Gli successe la dinastia d’Aragona; nel 1503 Ferdinando re d’Aragona diviene anche re di Napoli, governando, lui e i suoi successori, per mezzo di viceré quasi sempre spagnoli.
Questi, in genere seri funzionari, ebbero il merito di imporre l’autorità dello Stato, impedendo ai feudatari ogni velleità politica; e facendosi forti del diritto romano, con l’attiva collaborazione dei giuristi napoletani.
C’è molta Spagna nella nostra storia; per Soverato e Petrizzi, ricordiamo i baroni e duchi Marincola. Abbiamo raccontato le vicende di Giuseppe de Gregorio, marchese di Squillace e primo ministro di Carlo III a Madrid: ma non se è commosso nessuno. Come del resto nulla importa dei cavalieri calabresi che ai tempi di Alfonso VII (1134-57) fondarono Santa Eufemia de Cordoba, i cui abitanti sono ancora chiamati los Calabrès.
Non gliene importa a nessuno; come, state sicuri, nessuno farà niente di serio per celebrare, nel 2028, il vittorioso assedio di Catanzaro, fedele a Carlo V.
Ulderico Nisticò