Tallinn e Kaliningrad già Königsberg, e Danzica, e Sagunto


 Aerei russi sconfinano in Estonia, e due aerei italiani li fronteggiano. Per la gioia dei cultori di diritto internazionale, vi faccio notare che l’aereo italiano dell’altra settimana, e i due di ieri, non sono “italiani” ma della NATO.

Detto ciò per quello che vale, cioè poco e nulla, mi corre l’obbligo di farvi rilevare che l’umana storia è zeppa di incidenti di frontiera, soprattutto dove (l’ho scritto due giorni fa) le frontiere non esistono nel senso di monti o fiumi, e solo sono disegnate sulla carta.

Ci vorrebbero chilometri di pagine per raccontare la storia politica del Baltico, e ancora di più per dissertare sul fatto che gli Estoni, come i Finlandesi, sono ugro-finnici, i Lituani sono baltici, i Lettoni sono frammisti; e la Polonia, dal XIV secolo confederazione di Polonia e Lituania, ha cambiato decine di volte confini, per sparire del tutto e ricomparire, due secoli dopo, e spostarsi un migliaio di miglia da est a ovest nel 1945.

Vi risparmio le vicende dei tre piccoli Stati, se non per raccontarvi che, trovandomi a Tallin, mi apparve, allora, un lindo e simpatico presepe; per arrivare al 2025 in cui, sopra quel lindo cielo, due arei italiani… ops, NATO…

Dal 1945 c’è quella che in diritto si chiama “enclave”, cioè un territorio separato; ed è l’enclave russa di Kaliningrad, che prima si chiamava Königsberg, città del Regno di Prussia, dove nacque nel 1724 Kant. Oggi invece è una città della Russia, ma che con la Russia non ha continuità di territorio; e sarà armatissima, immagino.

Insomma, ci sono tutti gli ingredienti per un incidente di frontiera. E qui v’infliggo una lezioncina di storia, ricordandovi l’incidente di frontiera più famoso della storia, o almeno il più scolastico: quello di Sagunto del 219 aC. Anche allora c’erano trattati, due dei quali in evidente contraddizione; e la faccenda, iniziata per Sagunto, finì come finì, con la conquista romana di fatto dell’intero Mediterraneo.

Nel 1939 i pochissimi intellettuali francesi in grado di ragionare si chiesero se era sensato “morire per Danzica”, la città obbligata ad essere “libera” e che voleva tornare tedesca: un caso facilissimo da risolvere, come era successo per Fiume e per i Sudeti; e si concluse invece che per lasciare Danzica “libera”, alla fine venne consegnata a Stalin l’intera Polonia, più metà dell’Europa, e così restarono le cose fino al 1990. Secondo me, non è urgente morire per Tallinn; e qualcuno dovrebbe fare qualcosa.

Ulderico Nisticò