Terra Santa, road map e cose serie


Vi ricordate gli Accordi di Oslo e la road map, e comunque il gran mare di chiacchiere sui tentativi fallitissimi di mettere un poco di pace in Terra Santa? Road map, verbosa invenzione di Obama, significa “cartina stradale”, come se io volessi andare, che so, da Soverato a Reggio, e leggessi che devo prendere verso sud; per alcuni giorni, tutte le tv con tutti i giornalisti più prezzolati si riempirono la bocca di road map e map road come fosse abracadabra: ebbene, restando nell’esempio di sopra, Obama non arrivò manco a Davoli Marina!

Adesso Trump fa due mosse concrete, reali, tangibili: la seconda è il reciproco riconoscimento ufficiale tra Israele ed Emirati Arabi. E la prima? Il contentino a Israele con il riconoscimento di Gerusalemme capitale, una mera formalità. È la prima volta dalla pace con l’Egitto, nel lontanissimo 1979, che da quelle parti si fa un passo avanti.

Sarei curioso, ma non lo sapremo mai, come abbia lavorato in silenzio la diplomazia di Trump; immagino abbia agito come sempre fecero le diplomazie di antica scuola, cioè alternando minacce e blandizie; e dimostrando che la pace è utile; e la pace, nella storia, si ottiene in due modi:

a. Distruzione del nemico, tipo Cartagine nel 146 aC: a proposito, fu l’ultima guerra della Tunisia!
b. Accordo di reciproco vantaggio.
c. La pace non si è mai ottenuta con le belle parole.
Ora vi dico come la penso io:

1. Tutto iniziò malissimo, quando, nel 1947, la Gran Bretagna fuggì di corsa dal Mandato di Palestina e Giordania, abbandonando quei territori alla guerra.
2. Gli Arabi, sempre divisi tra loro, riuscirono a farsi battere in quel 1947, nel ’56, nel 67 eccetera.
3. Israele riuscì ad attirarsi paradossali simpatie come popolo guerriero, esattamente il contrario dell’immagine secolare delle comunità ebraiche europee;
4. I Palestinesi, maltrattati da Israele e pochissimo amati dagli Arabi, si ridussero a una massa assistita;
5. Nello stesso tempo, costituiscono manodopera di cui ha bisogno Israele;
6. Anche Israele, del resto, campa di assistenza, e non certo vendendo quei tisici pompelmi e microscopiche arance di una vecchia propaganda: basta minacciare di chiudere i rubinetti dei dollari, e deve mettere giudizio;
7. Nei decenni passati, sia Israele sia i Palestinesi si giovano di opposte tifoserie mondiali: una sinistra che spacciava i Palestinesi per proletari; e potentissimi mezzi di cinema e tv e stampa pro Israele e annessi. Oggi, il 90% della pubblica opinione di ogni luogo e pensiero non dico solo se ne impipa di Palestinesi e Israeliani, dico che ne ignora anche l’esistenza. E, in un mondo zeppo di guai, non c’è nessuno che si preoccupi di una lite locale per qualche deserto; tanto meno funzionano canzoni e film e discorsi;
8. Secondo me, anche le due popolazioni contrapposte hanno le tasche piene di una guerra iniziata dai bisnonni, e nemmeno si sa perché.
Insomma, si cono tutte le condizioni per imporre la pace. Ma non ci serve una road map con mucchi di ciacole intellettualistiche: ci serve la politica nel senso più nobile.

Ci serve riservatezza, mentre sono inutili, e soprattutto dannosi, convegni, marce, palloncini, gessetti, e il blateramento dell’intellettuale che, con le terga comode sulla sedia, ripete “dialogo” senza manco sapere in quale continente si trovi la Terra Santa!!!

E il governo italiano? Ahahahahahahahahahahahahah.
Ovvio che questo colpaccio Trump se lo sia conservato per la vigilia delle elezioni presidenziali. I giornalisti italiani, mentre tentato di far credere che in USA sono tutti morti di covid, schiatteranno di rabbia, ma il loro parere conta quanto quello del governo, ovvero due di coppe con briscola a spade.

Ulderico Nisticò