Io lo vado scrivendo e dicendo e argomentando da almeno trent’anni, ma ora lo afferma Roberto Occhiuto in persona, e nessuno può fare finta di non aver sentito o letto. Quanto a citarmi, in Calabria non si usa.
Veniamo al fatto, molto sinteticamente.
– La Calabria conta 404 Comuni per una popolazione ufficiale di 1.800.000, in realtà di meno. Fate una divisione.
– La maggior parte dei 404 conta pochissime anime; e non mi soffermo sull’anagrafe effettiva (quanti hanno la residenza e in realtà stanno altrove se non a Milano), e sulle classi di età.
– La maggior parte dei 404 non risale, in quanto istituzione comunale, ai tempi del re Italo, ma molto più modestamente a un decreto di Giuseppe Bonaparte del 1807 o a uno di Murat del 1811. Prima erano Casali, quindi accorpati. Studiate la storia, ragazzi.
– Tali operazioni dei Napoleonici, spacciate per democratiche come tutto ciò che fu giacobino dal 1789 al 1814, servivano a favorire borghesia e nobiltà locali, donde il disegno, spesso perverso, dei territori: studiate una mappa catastale, e scoprirete che sulla strada di Gagliato c’è Petrizzi, e la Razzona è divisa tra Argusto, Cardinale e Chiaravalle… per non parlare della Laganosa e della Pilinga… E sono solo piccolissimi esempi.
– La maggior parte dei 404 Comuni, con pochissimi abitanti, ha spesso territori molto, troppo grandi, e più spesso dimenticati.
– La piccola popolazione di moltissimi del 404 ha comunque sindaco, maggioranza e opposizione. Per ragioni di numeri, e anche di età, ci sono più amministratori che amministrati.
– Lodiamo alcuni precedenti: Taurianova nel 1928; Lamezia nel 1968; più recenti, Corigliano Rossano e Casali del Mango. Si parla di Cosenza-Rende eccetera.
– Alcune fusioni sono già avvenute di fatto, e solo gli uffici sanno sono finisce un Comune e dove inizia l’altro… forse, gli uffici.
In queste condizioni, manca la funzione prima di una polis, che significa comunità: la gestione intelligente del territorio.
Leggiamo che da un anno c’è una legge? Approvatela e applichiamola. Attenti: approvare è una cosa del Consiglio; applicarla è faccenda squisitamente politica e culturale. Ecco come la penso.
1. Fusione vuol dire solo fusione; quindi evitiamo sofismi e giochi di parole. Vuol dire che da uno, due, quattro etc Comuni se ne fa UNO SOLO con un sindaco solo eccetera.
2. Attenti: un tale provvedimento non si pensa in vista dell’anno prossimo, ma per i secoli; perciò va attuato con molto realismo, e quindi da chi realmente conosce la Calabria.
3. Conoscere la Calabria non vuol dire citare un forestiero del XVIII secolo di veloce passaggio, ma avere contezza precisa dei luoghi del 2024, e della loro economia e delle loro potenzialità. Ovviamente, lo stesso vale per gli sbarchi di Ulisse a decine, che tanto non ne è vero nemmeno uno.
4. Va evitato ogni provvedimento meccanico tipo somma di abitanti; o, peggio, circoscrizioni anche queste murattiane, per cui Nardodipace si trova in provincia della lontanissima Vibo invece di FONDERSI con Caulonia come ai tempi del Principato di Castelvetere.
5. Ci saranno resistenze? Certo, come a qualunque novità, soprattutto in Calabria dove siamo rimasti ai tempi del nonno (ovviamente, barone!), ma dureranno ben poco, vinte “veritatis viribus”, dalle forze della verità. Esempi? Le Diocesi accorpate. Studiate la storia.
6. Se un luogo, o come amano dire ora, un borgo interno è vitale culturalmente ed economicamente, lo sarà anche senza sindaco e ufficio tecnico; se non lo è, come accade a tanti, non c’è sindaco che faccia miracoli.
7. Io propongo… Io, pur sapendo bene cosa dire, non propongo un bel niente, fin quando non me lo chiedono con una raccomandata RR e debitamente protocollata e firmata a mano.
Intanto Occhiuto ha parlato, e vediamo cosa ne pensano gli altri. Io l’ho detto.
Ulderico Nisticò