Turismo, meno 30% in Calabria


Circola questa notizia, che nel mese di luglio ormai finito, la Calabria ha segnato un altro primato negativo, e bello pesante: il 30% di turismo in meno!
La notizia, delle due è l’una: o è vera, o non è vera. Se non è vera, qualcuno la smentisca, ma non con chiacchiere; se è vera, e io credo lo sia, richiede urgenti analisi e rimedi.

“Qualcuno” è il presidente della Giunta, che tiene per sé la delega al turismo, con questi così soddisfacenti risultati: smentisca, ripeto! Quel presidente che, la settimana scorsa, vantava milioni di presenze.

Vero però che la colpa non può essere solo di Oliverio, o solo della politica; la causa del disastro è molto più antica, ed è profonda, intrinseca. E richiamiamo il Vico: “Natura delle cose è il loro nascimento”; e se il turismo… ma che turismo? Se la balneazione in Calabria è nata male, per forza male deve continuare.

Nacque quando la Calabria venne scelta come meta selvaggia da forestieri maleducati e dai gusti plebei e di facilissima contentatura. Ed ecco la devastazione delle coste per costruire, alla peggio, alloggi rigorosamente abusivi, di pessima qualità, e affittati in nerissimo e senza alcun controllo fiscale e di ordine pubblico. Il solo piano regolatore dell’intera Calabria fu il motto “pemmu l’affittamu a li bagnanti”, in nome del quale si passò sopra a ogni regola. Figuratevi di qualcuno andava a vedere i livelli di pulizia e servizi, di questi tuguri sul mare; e se erano allacciati o meno a qualche fogna.

Tanto, i forestieri in qualche modo arrivavano; e c’era sempre il ritorno degli emigrati, alla fine!
Intanto il concetto stesso di turismo cambiava, si evolveva in tutto il mondo occidentale, mentre la Calabria continuava a sognare abusivi fitti ai bagnanti come unica forma di turismo. S’impose un’organizzazione mondiale, che indirizzò i flussi verso Rimini, la Spagna, le isole greche… lasciando alla Calabria gli scarti.

Gli emigrati non tornarono più, e i loro nipoti vanno a fare le ferie dove pare a loro.
Il tutto, aggravato dall’illusione di avere il mare più bello, e che ciò solo bastasse ad attirare… e ad attirare per caso, come se i turisti passassero andando a zonzo, e, visto il presunto male più bello, stabilissero di nuotarvi un mese. Non funziona così, il turismo del 2018; anzi non funziona così almeno dal 1988. La gente differenzia tempi e luoghi, e quasi nessuno sopporta un mese di mare senza alternative. Le mete turistiche si scelgono a febbraio, ed è a febbraio, non ad agosto, che bisogna venderle. In questo la Calabria è gravemente carente, e la colpa è sia degli operatori, ammesso ce ne siano, sia della politica e dei passacarte di Germaneto.

E ancora parliamo di mare; quasi niente accade in Calabria delle altre forme di turismo: culturale, religioso, di salute, della terza età, scolastico… quasi niente! Sarei curioso di sapere quanti bagnanti hanno mai visto la Pietà del Gagini! E figuratevi le aree archeologiche e i musei.
Da domenica 5 a Ferragosto, ci sarà gente in Calabria; girerà qualche soldo; i proprietari delle baracche buscheranno, in nero, mezzo fitto (forse: leggete i cartelli FITTASI); i bar venderanno bibite… e la Calabria s’illuderà di essere una zona turistica.

Nel mese di luglio, siamo a -30, meno trenta per cento. Prenderemo provvedimenti? Ma no, “poi vidimu”: questa la soluzione della Calabria dell’eterno rinvio.
In primavera si vota per la Regione. Vi ricordo che, se due terzi del tempo ha sgovernato la sinistra, per un buon terzo abbiamo goduto di P. Nisticò, Chiaravalloti, Scopelliti, ugualmente inetti della sinistra. L’unico assessore al turismo di valore nella storia della Regione fu Michele Traversa: e per questo lo fecero fuori.

Torniamo al 2019: se è vero che bisogna mandare a casa la sinistra, e ugualmente vero che non deve tornare il centro(destra). Ciò sia detto in genere, ma soprattutto per la pessima gestione del turismo: – 30%.

Ulderico Nisticò


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