Umanità della Cumprunta


 Cumprunta, da confronto, a sua volta da cum e frons, sul Tirreno Affruntata, è l’incontro tra il Risorto e Maria, con la mediazione di san Giovanni Evangelista. A Soverato Superiore le tre figure sacre sono rappresentate da statue apposite, conservate per tutto il resto dell’anno nella navata laterale del Duomo, e riservate alla cerimonia di Pasqua, e, come diremo, a Galilea.

Giovanni porta il cartiglio RESURREXIT, Egli è risorto (spero ricordiate!), e lo annunzia a Maria; la Madre però è ancora velata di nero, e si dice infatti che “la chiesa è a lutto”; e resta incerta, diciamo pure dubbiosa, finché non vede il Figlio con i suoi occhi. Avviene allora la “svelata”, e appare l’abito azzurro che è proprio di Maria. La cerimonia si conclude con la solenne incoronazione, e la festa in letizia.

Può la Madonna dubitare? Ma è questa l’umanità dell’Incontro, ed è il potere che ha la manifestazione di consentire l’identificazione dei fedeli con l’avvenimento evangelico. Se dunque Gesù è Dio-uomo inseparabilmente, e nasce da una donna, Madre e Figlio sono esseri umani, e come tali possono patire debolezze e pensieri. Del resto, Maria ha mostrato, con sincerità, i suoi dubbi anche all’Angelo: “Come può essere, se non conosco uomo?”, accettando poi per fede la Sua missione. E anche Gesù, in un momento di angoscia, chiede di evitare il calice della Passione.

I Vangeli sono del resto molto umani; intanto nell’ambientazione storica della Palestina dominio romano con le ambigue situazioni di Erode e dei Farisei, e persino di Pilato; in una sociologia che nel complesso possiamo definire di ceti piccolo-medi; e in cui compaiono problematiche di lavoro, denaro, tributi, politica, benessere, e anche emarginazioni; e la frequente dialettica biblica tra profeti tradizionalisti come il Battista, e una certa laicizzazione dell’ebraismo. Leggete con attenzione i Libri di Samuele sulla nascita dello Stato ebraico di quei tempi… e anche dei nostri tempi, se vogliamo!

La Cumprunta ha infine tutte le caratteristiche della festa popolare. I portatori hanno un compito non facile, pesante; la loro, per dirla in termini etologici, è anche una vera ostentazione, cioè dimostrazione di forza fisica e di serietà nel mantenere l’impegno a nome proprio e del popolo.

I Santi scendono a Galilea: ma ne riparleremo.

Ulderico Nisticò