Una domanda maligna sulla Pietà


 Premessa. A Soverato, il numero dei diplomati e laureati è altissimo, non solo in proporzione alla popolazione, ma in assoluto. Operano in città: Alberghiero, Liceo Classico, Liceo Scientifico, Liceo Scienze Umane, Tecnico Commerciale, Tecnico Geometri; si sono aggiunti due Istituti universitari. A proposito, alcuni docenti dell’UMG abitano a Soverato. Il numero dei professori è dunque immane, includendo anche i pendolari. E non vi dico medici, avvocati, ingegneri, architetti, commercialisti… e continuate pure.

 Ebbene, mentre domenica, per mio solo svago, accompagnavo degli amici a visitare Soverato Superiore, e la veduta di Soverato “Vecchio”, e, quando è stato possibile, la Pietà, io mi chiedevo, e chiesi agli amici, se i suddetti diplomati e laureati hanno mai visto la predetta Deposizione, ovvero Pietà del Gagini, 1521.

 Come fare a saperlo? Somministrando – com’è brutto il linguaggio burocratico – un questionario – rigorosamente anonimo, se no barano – con qualifica e risposta sì/no. Credo che, letti gli esiti, ci faremmo valanghe di risate amare. 

 E figuratevi se sono stati accompagnati gli studenti, anche quelli dei preelencati istituti universitari!

 Eppure, la Pietà non è in un luogo impervio infestato da lupi e mafiosi, ma nella Matrice di Soverato Superiore, a km nemmeno due dalla Marina, aperta tutta la giornata. E tutti posseggono una macchina.

 Eppure per vent’anni, e fin quando esistette, l’Associazione Amici di s. Gerardo effettuava ogni prima domenica di agosto un’escursione, con tantissime persone (laureati, pochi!); eppure due estati fa, chi scrive, su base purissimamente volontaria, accompagnava i volenterosi sullo scassatissimo pulmino; e capitano occasioni; e abbiamo dato due spettacoli. “Soverato 1521” e “Lo scalpello della fede”; c’è un conato di ricordare i cinquecento anni, sebbene piuttosto sconnesso e con la convinzione che a qualcuno interessi sentire un accademico leggere i soliti quaranta fogli con tono basso da flebo, mentre i pochi astanti sbadigliano e sospirano la fine dell’ammorbamento.

 Ecco scoperto l’arcano. In Calabria, ahimè, la cultura ufficiale, cioè il 99,9%, è noiosa, pesante, bacchettona, erudita, malinconica, antimafia segue cena, triste e del tutto priva di ogni anima, di ogni entusiasmo, di ogni curiosità, di ogni senso della scoperta, dell’avventura… Attingete a Lombroso e alla sapienza dei nostri vecchi, e guardate in faccia il celeberrimo “uomo di cultura”

 E privi del dubbio, che è “initium sapientiae”. Macché, l’erudito calabrese non dubita, ma è sempre pedestremente apodittico e infiora i più banali e piatti luoghi comuni da temino delle Medie, tipo “la cultura salverà il mondo”; o “la cultura porta alla pace”, quando tra i più grandi uomini colti e dotti della storia si annoverano tagliagole come Pericle, Alessandro Magno, Giulio Cesare, Federico II… e gli scienziati che, inventata l’atomica, ne pretesero la sperimentazione sulle città giapponesi. E la ottennero. Se la guerra fosse durata ancora sei mesi in Europa, toccava a Monaco o a Milano. Alla faccia della cultura e della pace.

 Ripeto: sono mai andati, i dotti soveratesi, a vedere la Pietà? E Soverato “Vecchio”? E Poliporto quando esce dal mare?

 Corollario: ecco perché è così scarso, in Calabria, il turismo culturale, che altrove fa campare intere città con un balcone fasullo, i cui occupanti tragicamente morirono, però nessuno ci fece una sfilata con i palloncini a forma di Giulietta e Romeo.

 Serve dunque una rivoluzione culturale, nel senso di obbligare i laureati a vaccinarsi dai loro vizi scolastici, e alzare i talloni dalle sedie su cui giacciono. Dovrebbe essere… anzi, ecco il trucco: mettete nella mitica “programmazione” la Visita al Gagini!

 E siccome sono dotti, e tutti più dotti di me, li saluto con una citazione di Aristotele. Traducetevela, tanto siete tutti più bravi del modesto sottoscritto:

πάντες οἱ ἅνθρωποι ὀρέγονται φύσει τοῦ γνῶναι.

 Tutti desiderosi di conoscere? Si vede che lo Stagirita non conosceva i famosissimi dotti di Soverato.

Ulderico Nisticò