Le luci calano all’interno del Teatro comunale della città di Soverato. Sono le 18:30 di venerdì 24 Novembre e sul fondale nero vengono proiettate immagini a ritmo delle note di “Don’t stop me now” dei Queen. Il video descrive i successi in campo medico che hanno portato alla scoperta del vaccino della poliomielite, grave malattia infettiva che colpì gran parte del pianeta durante i primi anni del Novecento. Ecco che in occasione della Raccolta fondi “Endpolionow” organizzata dal Rotary Club Soverato per la lotta a questa terribile malattia, è stato proiettato il film “Una rete piena di sabbia”, girato a Soverato nel 1966 dal regista calabrese Elio Ruffo.
Per prima il Presidente del Club Anna Sia descrive il lavoro di volontariato fatto nel corso degli anni dal Club Rotary delle più disparate città del mondo, che ha portato al raggiungimento di ottimi risultati per sconfiggere la terribile malattia. Lascia poi la parola al presidente della Cineteca regionale della Calabria Eugenio Attanasio, il quale presenta in breve la Cineteca e sottolinea l’importanza di diffondere i film che descrivono la Calabria, <<perché qui il fatto culturale non fa mai notizia>>.
E racconta la grandezza di Ruffo che, da Calabrese, descrive la Calabria nella sua interezza, con le sue brutture e le sue bellezze, con i suoi inganni e le sue verità. Un Ruffo molto meno conosciuto del più famoso De Seta, altro regista che ha rivolto la sua attenzione al Sud Italia, la cui grandezza è arrivata in tutto il mondo. Ma un Ruffo altrettanto grande nella rappresentazione di una terra troppo spesso maltrattata anche dalla cinematografia. L’ultimo intervento spetta al regista Maurizio Paparazzo, che riflette su un fatto, su come Ruffo abbia utilizzato uno sguardo profetico in questo film, poiché descrive la ‘ndrangheta come colei che diventerà ancor più forte della mafia siciliana, cosa che effettivamente è avvenuta negli anni a seguire. Questo perché il suo sguardo è uno sguardo indagatore della realtà che risulta essere fatta di uomini. Paparazzo cerca di far riflettere chi è seduto sulle poltrone rosse per vedere il film. Invita tutti a osservare come i due protagonisti, il regista Ennio De Roberti e il pescatore Rocco, subiscano un percorso di profonda maturazione con lo scorrere degli eventi. Paparazzo chiude il suo intervento lasciando una domanda ai presenti: <<La Calabria è mafia o bellezza?>>.
Le luci tornano ad abbassarsi e inizia la proiezione. Tra lo scoppiettio della pellicola anni sessanta, restaurata dalla Cineteca, e la dizione degli attori tipicamente teatrale, appare sullo sfondo una Soverato oggi irriconoscibile, se non per quei luoghi ancora immutati e per sempre immutabili, che lì stavano immobili e continuano a starci. Sui muri il volto di Mussolini, la scritta Hotel sulla porticina bassa. Poi case diroccate, scale in pietra, finestre in legno, strade di terra. Come bagno un secchio di latta. E ancora le reti dei pescatori, i baci al chiaro di luna, le vestaglie di seta, le sigarette.
Anche il barone, la baronessa e il popolo. La mafia, i voti comprati e la povertà. Occhi che piangono e bocche che ridono. Piedi stanchi e mani affamate di pane. E sterpaglie, sterpaglie e ancora sterpaglie. Una città mai esistita. Così lontana nel tempo e nello spazio che risulta difficile anche solo immaginarla, se non fosse per il vecchino seduto accanto che si ricorda ad alta voce di quando andava a mare proprio in quel posto o di quella casona dove abitavano i ricchi o della stazione dove aspettava il treno. E ci si accorge che è tutta storia. La nostra. Che in quegli anni è stata una storia da portare dietro la cinepresa. Davanti ad essa c’erano attori nazionali come lo statunitense Cyrus Elias, Ettore Garofalo protagonista assieme ad Anna Magnani di Mamma Roma, Fulvia Franco la miss Italia nel 1948. Che prezioso momento quello in cui nella Soverato del 2017 si riesce ancora a discutere di quella stessa Soverato un po’ malconcia di fine anni sessanta. Forse perché, almeno per qualche ora, il fatto culturale un po’ di notizia è riuscito a farla. Il film termina e, tra gli applausi, le luci calano all’interno del Teatro comunale della città di Soverato.
Floriana Ciccaglioni